Le sorprese della democrazia americana
L’Assolto arancione, straripante di Ego e d’infamia, era quello che non poteva vincere, e ha vinto. Oggi è l’imbattibile ma il gioco delle candidature minoritarie può sfociare in un altro paradosso: l’imbattibile che perde. Ma sarà dura. Chiacchiere con i “Bonettos”
Delle primarie americane parlo con i “bonettos” amici del Foglio, Stefano Pistolini e Christian Rocca. All’esordio del romanzone di Fruttero & Lucentini, ricorderete, un celebre americanista di Torino era delicatamente sbertucciato più o meno così per la pronuncia ortodossa del nome della città fatale dell’indipendenza americana, il tè scaricato di brutto sulle banchine del porto eccetera: “Bàston, disse l’americanista Bonetto”. Ecco allora le conclusioni dell’analisi dei Bonettos. Poi si vedranno i perché. Pistolini: “Siamo nelle mani di Bloomberg”. Rocca: “Ma Biden piace a neri e operai, e all’establishment. Chissà”. Il contesto lo conoscete. Ora si vota nell’Iowa, tra le mucche e i caucus (non infliggo spiegazioni, cercatevele nelle mail di Costa). Tra meno di un mese c’è il Super Tuesday, gran voto per i delegati alla Convention. Contro Trump, “che ha fatto fuori Suleimani e viene assolto dal Senato per l’estorsione all’Ucraina” (Rocca), corrono per i democratici i faticoni del neosocialismo più o meno sovietico che vogliono cure e istruzione gratis per tutti, più o meno (Sanders, Elizabeth Warren), Biden il centrista che gioca la sua electability (capacità di essere eletto, realismo), un sindaco gay e veterano dell’esercito, Pete Buttigieg (Buttegig, disse l’americanista Bonetto), che è l’unico millennial e fa ragionamenti moderati, “sì, ma lo trovo un po’ superficiale” (Pistolini), e una serie di nani e seminani rispettabili, alcune donne, tra gli sponsorizzati dal “failing” New York Times (così lo chiama the failing eppure fortissimo Donald). E poi c’è Mike Bloomberg, il miliardario ex sindaco di New York che corre stando fermo, che spende a man bassa contro Trump e lo tratta da pericoloso straccione ma non si confronta con gli altri candidati, che ha promesso di abolire lo Studio ovale e di governare da una Casa Bianca “open space”, “una bariccata” (Rocca). Eisenhower, familiarmente chiamato Ike, fu eletto anche in virtù di uno slogan che piaceva da morire al linguista Roman Jakobson: “I like Ike”. Da questo punto di vista Mike (I like Mike) è avvantaggiato su Buttigieg per il cui family name si propone questa lista surreale: Booth-edge-edge; Buddha-judge; Boot-a-judge; Boo-tuh-judge.
Parlando con leggerezza di cose serie, anche perché “dopo le primarie e l’elezione di Trump discutere al futuro delle presidenziali americane è un crimine contro l’umanità” (Rocca), secondo Pistolini, che anticipò di anni l’elezione di Obama in una memorabile pagina del Foglio, “il quadro delle candidature democratiche è sconfortante: ci sono a tirare tra giovani e base energizzata i vecchietti dell’est, Sanders e la Warren con il neosocialismo di minoranza nel grande pubblico, e poi il vecchio Biden che non tira, infine Buttigieg che è gay invece che nero, una cosa che ancora passa difficile nella mente americana: un conto è la gay culture, altro conto era la nevrosi della schiavitù e della segregazione razziale”. E allora? “Allora bisogna vedere se il tutto condurrà a una crisi sul tema dell’electability, quando dopo il Super Tuesday, al quale secondo me Bloomberg non parteciperà, si renderanno conto che così Trump non lo toglie di mezzo nessuno, e se dalla crisi uscirà il bussolotto del candidato ricco e istituzionale, ma cattivo e spiritoso, che forse potrebbe competere se scelto alla Convention”. Ma i delegati eletti in nome degli altri candidati? “Bè, starà a loro scegliere se perdere sicuro o provare a vincere”.
Rocca collima con il Bonetto Sr., ma non in tutto. “Il neosocialismo ha una forza di traino che si fonda sul crollo del racconto neoliberale in questi anni, roba gagliarda. E questo è il primo ostacolo alla brokered convention o convention aperta sempre evocata e mai realizzata. In genere i voti restano dove sono, e al massimo si alleano tra di loro. E quelle che adesso sembrano solo truppe in movimento di correnti democratiche a tinta ideologica potrebbero diventare un fatto nazionale ineludibile. Certo se Biden fosse in gravissima crisi e gli altri si annullassero per dimensione e spinta, allora chissà. Ma non sottovaluterei il fatto che Biden è l’unico dell’élite a compiacere lavoratori e neri. Se poi Bloomberg partecipando al Super Tuesday o con un gran discorso bucasse alla grande lo schermo delle primarie, allora forse. Ma dopo l’exploit di Trump quattro anni fa si può prevedere solo il passato”.
L’impasse è tutta qui. E’ tutta qui la possibile sorpresa della democrazia americana. L’Assolto arancione, straripante di Ego e d’infamia, quattro anni fa era quello che non poteva vincere, e ha vinto. Oggi è l’imbattibile, e il gioco incrociato delle candidature tutte minoritarie dei suoi avversari potrebbe sfociare in un altro paradosso: l’imbattibile che perde. Ma è dura.