Quanto male può andare un primo appuntamento? Chiedete all'Iowa
Il fiasco dei democratici alle primarie e l'affondo di Bloomberg e Trump, che schiva gli imprevisti e realizza i propri desideri aspettando il discorso sullo stato dell'Unione
I giornali dell’Iowa hanno pubblicato articoli mortificati: levateceli, questi caucus, non ce li meritiamo. Mentre i reporter arrivati da tutti gli stati e da tutto il mondo per la tappa iniziale della campagna elettorale delle primarie democratiche americane invitavano in Iowa gli osservatori dell’Onu, i commentatori locali spiegavano che sono da tempo convinti che l’onore del primo appuntamento non è cosa loro, e che questo caos – i risultati sono arrivati con venti ore di ritardo – sarà la tomba dell’Iowa. L’autoflagellazione iowana era nell’aria: poco prima che le palestre e i teatri dello stato si riempissero di elettori che poi dovevano distribuirsi nell’angolo del loro candidato preferito, c’era stato un altro imprevisto. Il sondaggio più atteso del momento, quello cui si fa riferimento per tutte le analisi fino ai risultati finali, era stato annullato a causa di errori nelle telefonate agli elettori. La tempesta è cominciata lì, il segnale è stato ignorato, tanto poi si vota e ci scordiamo tutto, e poi c’è stato il “meltdown” durante il conteggio: i risultati non arrivavano, i candidati dicevano di non avere idea di cosa stesse accadendo, Pete Buttigieg nel ruolo di outsider ha detto di aver vinto; i sostenitori di Bernie Sanders si sono rivoltati, eccolo il complotto, hanno talmente tanta paura di noi che arrivano a bloccare il sistema per non ammettere che abbiamo vinto e poi hanno pubblicato i loro risultati (di vittoria) sul 40 per cento dei seggi – e via così, di confusione in confusione. Finché qualcuno, soprattutto dalle parti di Joe Biden, ha detto: andiamo in New Hampshire, ricominciamo da lì.
La mortificazione dell’Iowa, che sa di essere rilevante soltanto in questa stagione ogni quattro anni e ironizza sul circo che riesce a mettere su ogni volta, non ha però potuto nascondere le responsabilità del Partito democratico locale: a differenza delle primarie, i caucus sono gestiti dal partito che li organizza, la democrazia con la corsetta per raggiungere il cartellone del proprio candidato è un affare molto locale. E mentre il presidente del Partito democratico dell’Iowa cercava di parare i colpi, tutti i democratici finivano nell’angolo del fallimento, senza vincitori né vinti, abbacchiati e furiosi. Donald Trump, che aveva potuto dire il suo “grazie Iowa” con largo anticipo visto che non deve contendersi la leadership e utilizza le primarie soltanto per raccogliere dati e disturbare i rivali, non ha dovuto nemmeno sforzarsi troppo: se il Partito democratico governa come organizza le primarie, siamo a posto, ha tuittato. Poi si è preparato per il discorso sullo stato dell’Unione dal tempismo perfetto: martedì è prevista l’assoluzione formale del Senato per l’impeachment, i democratici non sono riusciti a levare di mezzo il presidente via processo e nemmeno a organizzare il proprio primo, sentitissimo evento elettorale. Trump schiva gli imprevisti, e realizza i propri desideri.
Una gioia più contenuta ma pur sempre visibile è arrivata anche dalla campagna di Mike Bloomberg: l’ex sindaco di New York entrerà in corsa a marzo, più incerta è la gara meglio è per lui, se a essere incerto è Biden ancora meglio. Il capo della sua campagna, Kevin Sheekey, ha detto: “Naturalmente un terminal di Bloomberg avrebbe fornito risultati certi”, e ha provato a non sghignazzare. Tutti gli altri candidati, incertissimi, si erano già trasferiti in New Hampshire: si vota martedì prossimo, si vuole dimenticare il fiasco, si può ancora tentare di brillare tutti, ognuno per sé.