La sorpresa dell'outsider Buttigieg
Il caos Iowa non è ancora finito ma qualcosa si capisce: major Pete è andato molto bene, Biden molto male, Sanders in mezzo (s’aspetta la zampata in New Hampshire)
Alzi la mano chi aveva mai sentito parlare, prima di un anno fa di South Bend, indiana. Eppure è da lì che arriva Pete Buttigieg, ex outsider e ora superstar e vincitore, a sorpresa, di questa prima, rocambolesca e pure un po’ surreale, fase di primarie democratiche.
I numeri dei primi Caucus, arrivati con 20 ore di ritardo, lo danno vincente con il risultato di 26,8%. A un’incollatura da Bernie Sanders, fermo al 25,2% (nota: i dati si riferiscono al 71% del campione, ma in mancanza d’altro, per ora ci accontentiamo). Dietro, al 18,4% Elisabeth Warren, Joe Biden, umiliato da un impietoso 15,4%, e poi, nel gruppone dei gregari, tutti gli altri, avviati, sembra, a un inevitabile ritiro.
Si tratta di un risultato che, se confermato dai prossimi stati (a partire dal prossimo, il New Hampshire, dove sembra sia fortissimo Bernie Sanders), potrebbe trasformarsi in una specie di terremoto per la politica americana, che, in un colpo solo, potrebbe liberarsi di due zavorre che ne hanno monopolizzato il dibattito negli ultimi anni.
La prima: la dittatura dei settantenni (and counting) che da cinque anni occupa ogni spazio possibile nella politica americana e, alla fine, si trova costretta a lasciare le chiavi della macchina a un ragazzo di 37 anni. Non è roba da poco. “Lui sarà ancora vivo, quando gli effetti delle sue decisioni diventeranno reali” ha sibilato una sua sostenitrici quando siamo andati a sentire un suo comizio. E probabilmente è vero.
La seconda zavorra di cui una eventuale nomination di Pete Buttigieg (difficile considerare vittoria a pieno titolo questa in Iowa) potrebbe liberare i democratici è la lotta fratricida tra ‘socialists’ e ‘moderate’: Pete, finalmente, potrebbe riunire un Partito democratico che, ad oggi, appare diviso che più diviso non si può. E’ sì moderato, ma ha anche caratteristiche che difficilmente potrebbero renderlo indigesto o attaccabile dalla fronda pro-Sanders le cui armi, benché affilate, apparirebbero spuntate contro un giovane militare pacifista, omosessuale e mai toccato dalla benchè minima ombra di corruzione: Buttigieg non è Hillary e, anche per i Bernie Bros più esagitati, risulterebbe difficile additarlo come parte dell’establishment e dei poteri forti (massù).
Insomma Pete l’outsider, alla fine, incassa la prima vittoria nel Caucus più pazzo del mondo e osa alzare lo sguardo per guardare a Washington. Non è il primo. Anche Barack Obama aveva vinto da outsider, e su John Kerry, nel 2004, nessuno avrebbe scommesso un centesimo.
La strada per la nomination, però, è lunga: ci sono ancora un sacco di stati e un sacco di variabili in ballo. Per esempio in stati meno bianchi dell’Iowa Elisabeth Warren e Joe Biden (che qui è andato molto male) potrebbero riprendersi alla grande. Oppure in stati più poveri, o più democratici, come la California e il lato democratico del Texas, Bernie potrebbe andare benissimo e recuperare. Il divario non è molto, e la strada è lunga. E comincia in New Hampshire. Con Sanders dato al doppio secco di Buttigieg.