(foto LaPresse)

Quella pippa di Griveaux

Paola Peduzzi

Il candidato scarso di Macron a Parigi si è dimesso (perché è scarso). Uno scandalo che sa di salvezza

Alternative non ce ne sono, ha detto l’ormai ex candidato sindaco di Parigi, Benjamin Griveaux, abbandonando la corsa elettorale: dopo la pubblicazione dei video in cui si masturba e le chat in cui li manda a una donna (video del 2018, quando era “solo” portavoce del governo), l’unica possibilità era dimettersi. Così ha fatto, Griveaux, lasciando il partito del presidente Macron sguarnito a meno di un mese dalle elezioni, con gli avversari che dicevano “che orrore, ma dove andremo a finire con questi svilimenti pubblici, la vita privata è privata”, e intanto gongolavano. Non che Griveaux fosse forte: queste dimissioni ne sono forse la conferma definitiva. Griveaux era il prescelto dalla macronia, era l’ambizioso, era l’avamposto dei marcheurs nella Ville Lumière, ma era una grandissima delusione. Errori, scivoloni, inesattezze: Griveaux è diventato il simbolo di un macronismo appannato e zoppicante, che fatica a imporsi alle elezioni municipali perché non sa farsi vita quotidiana, paradosso ultimo di un movimento nato marciando.

 

Macron era arrabbiato con il suo candidato deludente, ha persino scomodato i “mormoni” della campagna del 2017, Ismaël Emelien, Sylvain Fort, Sibeth Ndiaye, per cercare di salvare non tanto Griveaux, quanto la propria faccia a Parigi. Non ce ne sarà più bisogno, Griveaux si è eliminato da solo. Non perché si è filmato (facesse un po' quel che vuole durante le sue masturbazioni) ma perché ha mandato in giro quei filmati, “regali” a cena o al risveglio, come li chiama lui, gigantesca stupidità. Non ha nemmeno l’alibi dell’età, Griveaux, è del 1977, uno splendido quarantenne che non può non sapere che quegli alert rossi nelle sue chat – “il messaggio scomparirà entro un minuto” – non possono nulla contro gli screenshot. La stupidità si paga, questa sì. E anche l’incapacità di gestire uno scandalo, quando accade. Ma il dibattito è rimasto su altro.

 

Sull’ipocrisia prima di tutto, denunciata dall’artista russo che ha pubblicato video e chat: la scandalosa vita privata di un uomo che voleva fare il candidato delle famiglie – la povera moglie andava orgogliosa della “fortuna” di avere un compagno “che non ha cosa più importante della famiglia”. S’è discusso anche delle origini politiche di Griveaux, che nasce vicino a Dominique Strauss-Kahn, il predatore Dsk, come se esistesse una correlazione: se sei cresciuto con quello non puoi che finire con il telefono in mano a filmarti il pisello. Ma non avendo ancora deciso che cosa vogliamo farci, con la vita privata dei nostri leader, in questa stagione impicciona di indignazione permanente, c’è intanto da pensare che se tutti quelli che fanno come Griveaux dovessero dimettersi, potremmo pure chiudere le nostre democrazie. E forse la salvezza che stava cercando Macron è arrivata proprio così, inaspettata, e quello scarso non c’è più.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi