La bancarotta dei Boy Scout, travolti dagli abusi, e la fine di un mondo
Gli adulti possono ancora educare i ragazzi?
Roma. Incalzata da quasi trecento denunce per abusi sui minori e minacciata da migliaia di ulteriori esposti già nelle mani degli avvocati, martedì l’associazione dei Boy Scout americani ha presentato le carte per la procedura di bancarotta in un tribunale del Delaware. Era un destino scritto da quando, in autunno, sono saltate le trattative con i legali delle vittime per patteggiare i risarcimenti e fermare il flusso delle querele. I rappresentanti dei Boy Scout hanno scritto che “la possibilità di portare avanti la nostra missione per le future generazioni potrebbe essere compromessa” e che il costo per difendersi e risarcire “è diventato insostenibile”.
Dal 2017 i Boy Scout hanno speso circa 150 milioni di dollari, a fronte di 394 milioni di ricavi complessivi, e i costi sono destinati a crescere, visto che alcuni stati come New York e California hanno approvato leggi che permettono di sporgere denuncia per abusi avvenuti in qualsiasi momento, anche diversi decenni fa, e altri stati si stanno attrezzando per passare misure simili. E nel frattempo i ricavi calano, di pari passo con il crollo degli iscritti, che nel 2019 hanno toccato il picco negativo di 2,2 milioni. I mormoni hanno disertato in blocco la divisa, creando una nuova associazione per i 400 mila ragazzi fuoriusciti dopo l’esplosione degli scandali. Nemmeno il percorso di riallineamento culturale intrapreso negli ultimi anni ha potuto contenere i danni reputazionali collegati agli abusi sui minori e alla rete di coperture e omertà ordita dagli adulti. Gli scout hanno ammesso nei ranghi i membri gay, poi i transgender, hanno aperto una sezione femminile, hanno ammesso le colpe del passato e approvato protocolli più rigidi per salvaguardare i giovani, hanno cambiato l’intera leadership e promesso trasparenza e collaborazione per fare chiarezza sui soprusi e risarcire adeguatamente le vittime, ma la bancarotta era l’unico modo per arginare le perdite. Si tratta di una manovra strategica che permetterà di creare un fondo per le vittime e allo stesso tempo di proteggere le 261 sezioni locali indipendenti, che detengono il 70 per cento circa delle risorse complessive della rete scoutistica, ma è simbolicamente un punto di non ritorno per una realtà che dal 1910 instilla nei ragazzi americani di buona volontà “patriottismo, coraggio, autonomia e gentilezza”, coniugando il moralismo militaresco di Baden-Powell con l’ardore avventuriero di Teddy Roosevelt, il presidente esploratore. In oltre un secolo di storia 130 milioni di ragazzi americani sono passati per gli scout, istituzione che sembra ora avviata al tramonto per via di colpe “imperdonabili”, come ha ammesso il chairman, Jim Turley.
La bancarotta degli scout, che con il suo corollario di significati e rimandi è un evento da fine di un’epoca, apre, anzi riapre, una questione che va molto oltre le responsabilità specifiche e le strategie di contenimento dell’associazione: è ancora possibile creare luoghi educativi e ricreativi in cui adulti e ragazzi condividono spazi di prossimità? C’è ancora uno ruolo legittimo per le reti associazionistiche che promuovono quel senso di comunità di cui poi ci si duole quando viene meno? La chiesa cattolica americana, assai implicata nell’educazione, è da decenni in ritirata per gli abusi sui minori, e negli ultimi quindici anni venti entità, fra diocesi e ordini religiosi, hanno dichiarato la bancarotta. Poi è arrivata l’ondata delle società sportive, altro ambito sociale classico in cui adulti e ragazzi sono a contatto: il tracollo dell’associazione americana di ginnastica a seguito dei terribili abusi dell’ex dottore della nazionale, Larry Nassar, non è che il più noto dei tracolli nel settore. La portata dello scandalo degli scout è ancora più vasta, dal punto di vista del numero dei crimini e delle ramificazioni legali, e perciò catalizza in modo potente il logoramento dei rapporti di fiducia e il tradimento di un’alleanza fra generazioni che va avanti da oltre un secolo. Il dramma ha dunque due piani: il primo è quello intollerabile della violenza degli adulti sui minori, che va individuata e sanzionata senza incertezze; il secondo riguarda l’indebolimento strutturale di quel sistema di reti sociali che contribuisce all’irrinunciabile necessità dell’educazione.