“Namaste Trump” e l'accoglienza di Modi
Gigantografie e folle festanti. Il premier indiano l’ha imparato dai sauditi: il presidente americano adora questo tipo di trattamento. E ottiene un risultato prezioso
Nel 2015 Barack Obama fece la storia diventando il primo presidente americano a visitare l’India per due volte (la prima era stata nel 2010) durante il proprio mandato. La seconda visita fu interpretata come la dimostrazione dell’importanza crescente dell’India nella visione strategica americana, e Narendra Modi, che era diventato primo ministro nel 2014, accolse Obama con tutti gli onori. Ma se la visita di Obama fu relativamente tradizionale, con le photo opportunity e le strette di mano e il passaggio in rassegna delle forze armate, quella del suo successore Donald Trump è stata un tripudio.
Atterrato ieri nella città di Ahmedabad, Trump è stato accolto da enormi gigantografie appese lungo la strada che raffigurano lui e Modi assieme mentre salutano le folle con fare solenne, accompagnati da frasi del tipo: “La democrazia più vecchia del mondo incontra la democrazia più grande del mondo”. Sotto ai cartelloni, lungo la strada erano allineate migliaia di persone. Trump aveva detto prima di partire che ci sarebbero stati dieci milioni di indiani festanti ad accoglierlo. La cifra era decisamente inferiore, ma al presidente sarà bastato il colpo d’occhio. Modi l’ha imparato dai sauditi, Trump adora questo tipo di trattamento, e il premier indiano non si è risparmiato neanche dopo, quando ha organizzato per Trump un evento di massa in grande stile. Nello stadio di cricket più grande del mondo e agghindato a festa centodiecimila persone hanno inneggiato al presidente americano e al premier indiano, tutti con indosso un cappello da baseball con scritto “Namaste Trump”. Trump non si è risparmiato in lodi: “L’America ama l’India, l’America rispetta l’India, e l’America sarà sempre amica del popolo indiano”, ha detto, aggiungendo: “Ricorderemo per sempre quest’ospitalità grandiosa”.
Modi ha ricambiato così l’evento “Howdy Modi” che Trump aveva organizzato in uno stadio da football pieno di indiano-americani in Texas in occasione della visita del collega l’anno scorso. Soprattutto, ha ottenuto un risultato prezioso: ieri Trump ha fatto qualche riferimento scherzoso alle frizioni commerciali tra Washington e Delhi (“Tutti amano” Modi, ha detto Trump, “ma è un osso duro”), e tuttavia non ha citato nemmeno per un istante le controversie internazionali per la nuova legge sulla cittadinanza che discrimina gli indiani musulmani, e che ha generato enormi proteste in tutto il paese.
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