Bibi è primo in Israele
Secondo gli exit poll, Netanyahu ha conquistato più voti di tutti gli altri, anche se forse non bastano nemmeno questa volta per governare
E' al potere da 14 anni, undici consecutivi. E' alla terza campagna elettorale e alla terza elezione in un anno. I suoi rivali sono decorati generali dell'esercito, ex capi di Stato maggiore. E tra due settimane sarà processato per frode, corruzione e abuso di potere. Eppure, Benjamin Netanyahu ancora una volta è riuscito a riprendersi i numeri, almeno secondo i primi exit poll dell'elezione con maggiore affluenza degli ultimi 21 anni in Israele. Secondo le cifre dei tre principali canali televisivi, il Likud - la destra del premier - avrebbe conquistato dai tre ai cinque seggi in più rispetto al suo principale sfidante, l'ex capo di Stato maggiore Benny Gantz, alla testa del movimento Blu e Bianco. “Grazie”, ha tuittato Netanyahu, aggiungendo un cuoricino accanto alla scritta, cinque minuti dopo gli exit poll.
תודה ❤️
— Benjamin Netanyahu (@netanyahu) March 2, 2020
Il numero della notte elettorale è 60. E non è magico: tutti e tre gli exit poll consegnano a Netanyahu 60 seggi su 120. Per governare ne servono 61. In un paese in cui non sono i partiti a fare la storia delle elezioni ma i blocchi, la vera vittoria alle urne la si ottiene soltanto dopo ore, giorni a volte settimane di negoziati e trattative con alleati spesso improbabili. E non è detto che il tempo porti risultati. Se le cifre degli exit poll coincidessero con i risultati effettivi, allora occorre ricordare come ad aprile Netanyahu abbia ottenuto proprio 60 seggi. Non è riuscito allora a formare una coalizione a causa della riottosità di antichi e nuovi alleati, primo fra tutti il suo ex ministro Avigdor Lieberman, che ha in queste ore addosso le attenzioni di un intero paese. E' stato infatti ancora una volta lui a segnare le sorti del secondo voto, a settembre, quando avrebbe potuto incoronare Gantz primo ministro e la sua inaffidabilità potrebbe ancora una volta segnare il corso di questa elezione.
Come ci spiega Tal Schneider, notista politica del quotidiano finanziario israeliano Globe, non è detto che nelle prossime ore Netanyahu, che nel suo discorso di vittoria ha parlato di una “enorme vittoria per Israele”, lo cerchi. Il premier “mago della politica”, come lo ha definito pochi minuti dopo la pubblicazione degli exit poll il sito del Jerusalem Post, tenterà piuttosto di attrarre singoli deputati: da Blue e Bianco, dalla sinistra del Labour, che persino dopo essersi unita con due altri partiti, Gesher e Meretz, ha preso appena sei seggi, decretando la sua definitiva irrilevanza nello spettro politico israeliano. I numeri possono cambiare con il passare delle ore, ma anche se Netanyahu ottenesse 61 seggi, spiega Schneider, “lo scenario politico rimarrebbe instabile", complicato da gestire in mancanza di una netta maggioranza. Se il premier riuscisse però ad attirare uno o due deputati, allora con il passare del tempo più politici si unirebbero alla coalizione”, trasformando il suo successo in un governo. E se il premier riuscisse a formare questo governo, Israele entrerebbe in un territorio sconosciuto: la prima volta di un premier incriminato, sotto processo fra due settimane, e che nei mesi passati ha prima sollevato e poi ritirato la richiesta di immunità parlamentare alla Knesset.
Dalle piazze ai palazzi