Bruxelles. Quattro anni dopo l’accordo con Recep Tayyip Erdogan per subappaltare alla Turchia una soluzione temporanea alla crisi dei rifugiati, l’Unione europea all’improvviso scopre di essere vulnerabile perché ha rinviato tutte le decisioni politicamente difficili su migranti e Siria. La riforma di Dublino con l’introduzione di un meccanismo di ridistribuzione automatica dei richiedenti asilo è stata rinviata sine die a causa del veto di Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia. La Grecia è stata lasciata sola nel gestire in modo disastroso la quarantena di decine di migliaia di rifugiati sbarcati in questi anni e rinchiusi in campi sovraffollati su cinque isole. Frontex ha cambiato nome in “Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera”, ma il suo mandato si limita all’assistenza. Ogni migrante salvato al largo della Libia e da sbarcare in Italia dà luogo a lunghe trattative per ricollocamenti su base volontaria tra una manciata di paesi europei, figurarsi lo scenario di decine di migliaia di rifugiati in Grecia. Le cancellerie europee rimangono in disparte mentre Russia e Turchia si spartiscono la Siria facendosi la guerra sulle spalle degli abitanti di Idlib. Pur di non dover affrontare questa realtà, la Commissione di Ursula von der Leyen è pronta a chiudere gli occhi sulle palesi violazioni del diritto europeo da parte della Grecia e a offrire a Erdogan altri miliardi di aiuti se il presidente turco sigillerà nuovamente le frontiere per conto dell’Ue.
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