(foto LaPresse)

I sospiri guardando l'Italia

Paola Peduzzi

Ora tutti guardano al nostro modello di lotta al coronavirus cercando d’imparare e di non perdere altro tempo. Soprattutto si sentono gli americani furiosi per Trump ritardatario, e gli inglesi che avvertono aria di sacrificio

I giornali internazionali si stanno riempiendo di articoli e analisi del tipo: che cosa possiamo imparare dal modello italiano di lotta al coronavirus. Il lockdown totale imposto dal nostro governo ha molti critici, interni ed esterni, c’è chi dice che si possono utilizzare metodi differenti e meno draconiani – come quello applicato a Taiwan per dire – e chi invece fa esperimenti – il Regno Unito, in particolare. Non c’è una soluzione giusta e una sbagliata: anzi, ci sarà, ma ancora non sappiamo quale sia. Sappiamo però due cose: la prima è che la pandemia globale impone un cambiamento radicale, coordinato e, appunto, globale (non si sa quanto temporaneo). Se non ci si muove insieme, il contagio continua. L’economista Kenneth Rogoff ha scritto un libro che si intitola “This time is different” e che spiega che molti eventi ci sembrano straordinari ma la storia degli ultimi secoli dimostra che non è vero: ci sono cicli e azioni che si ripetono. Ma su questa pandemia Rogoff dice: “This time is different”. La seconda cosa che sappiamo è che l’Italia ha affrontato con rigore questa crisi, costruendo una responsabilità collettiva a suon di divieti. Ha esagerato? Non si sa. Ma all’estero, dove vedono i grafici e capiscono che la situazione italiana si replicherà, si sentono molti sospiri: vorrei essere in Italia. Certo, abbiamo anche il nostro celebre sistema sanitario che fa gola a chi è abituato a pagare per andare al pronto soccorso, ma quel che più ci invidiano è la consapevolezza della gravità dell’emergenza.

 

Il sito americano Axios ha messo in fila gli elementi della lezione italiana: prevenire è meglio che curare. “Gli Stati Uniti non sono ancora al punto dell’Italia, ma una settimana fa nemmeno l’Italia lo era. Il deterioramento rapido della situazione sottolinea l’importanza di prendere misure preventive in modo serio”. Questo non significa soltanto cambiare le abitudini di vita – restare a casa – ma anche porsi “domande etiche” sul funzionamento degli ospedali, per non ritrovarsi con reparti di terapia intensiva sovraffollati e dover prendere decisioni terribili “sul momento” – chi salvare e chi no. Soprattutto l’Italia sta regalando tempo agli altri paesi, mostrando in diretta i limiti e le virtù del proprio approccio, e facendo analisi rigorose dei dati – cosa non semplice e per alcuni autolesionistica, perché con una misurazione così esatta il coronavirus fa davvero spavento. Per reagire però è importante sapere che dimensione ha l’emergenza: non è un caso che ieri Wall Street abbia avuto un rimbalzo positivo quando si è saputo che saranno distribuiti i tamponi in buona parte dell’America, in modo da poter controllare la progressione del contagio. La certezza è importante, anche se gli elementi principali del contagio si conoscono già: aumenta esponenzialmente di giorno in giorno.

 

Gli americani sono infuriati con il loro presidente, con i suoi ritardi, con la sua leggerezza sciagurata. Siamo al “great shutdown”, come viene chiamata la graduale ma inesorabile chiusura di scuole, chiese, aree, regioni, e Donald Trump soltanto ieri (con il fiato corto) ha annunciato lo stato di emergenza nazionale, un pacchetto di stimoli da 50 miliardi di dollari, tamponi e “passerà”. Ma i sospiri più teatrali e spaventati nel considerare la lezione italiana arrivano dal Regno Unito. Lì non c’è assenza di consapevolezza, bensì un approccio tutto diverso, frutto della convergenza tra scienziati ed economisti comportamentalisti. Per evitare il sovraccarico del sistema sanitario, si curano soltanto i casi gravi e non si fanno tamponi per misurare l’entità del contagio. Perché il contagio “è desiderabile”, come dicono i medici del governo. Intanto si inizia a chiudere anche lì, cadenzando le notizie sulla base dei consigli dei comportamentalisti – che vogliono dilatare il più possibile i tempi per distribuire meglio i malati – e ripetendo che l’igiene è fondamentale. Così gli americani sospirano perché il loro presidente non ha contezza della crisi in arrivo; gli inglesi sospirano perché sentono aria di sacrificio.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi