Le strategie del Cremlino per interferire nelle elezioni americane: esternalizzare in Africa
Un'inchiesta della Cnn svela che la Russia ha spostato le sue troll farm fuori da San Pietroburgo. Tattiche per polarizzare i social
La Cnn ha pubblicato un'inchiesta monstre in cui rivela le nuove strategie utilizzate dal Cremlino per interferire nella politica americana e nelle elezioni presidenziali previste per quest'anno. Nel 2016 l'interferenza elettorale russa che colpì la politica americana aveva alcune caratteristiche: fu un'operazione relativamente economica, aveva come obiettivo primario quella di generare discordia tra l'elettorato e aumentare la polarizzazione piuttosto che sostenere questo o quel candidato (anche se Trump è sempre stato il preferito), ed era creata e gestita centralmente a San Pietroburgo, nella sede dell'ormai celebre Internet Research Agency.
L'inchiesta della Cnn, alla cui realizzazione hanno partecipato ben cinque reporter, ha rivelato che i troll russi per questa tornata elettorale hanno deciso di usare nuove tattiche per eludere i controlli delle autorità e dei social media, che si sono intensificati. La novità principale è quella di esternalizzare il lavoro in troll farm all'estero. La Cnn ne ha trovate due in luoghi insospettabili: in Ghana e in Nigeria.
L'inchiesta è eccezionalmente dettagliata e mostra che i troll africani, che però dipendevano dalla Russia, tra pagine e profili Facebook, account Instagram e profili Twitter avevano raggiunto "centinaia di migliaia, forse milioni di persone in tutto il mondo". I troll fingevano di essere attivisti americani e si concentravano sul tema delle divisioni razziali. Facebook e Twitter, grazie alle segnalazioni della Cnn, hanno successivamente chiuso tutti gli account, e la polizia del Ghana ha fatto un raid nella troll farm, chiudendola.
C'è un altro lato interessante dell'inchiesta: poiché le operazioni di interferenza erano ancora relativamente acerbe (i troll erano poche decine), gli account fake pubblicavano in gran parte messaggi positivi di esaltazione della comunità afroamericana negli Stati Uniti, fingendosi statunitensi loro stessi. C'erano alcuni messaggi di odio, come per esempio un post su Facebook di una pagina che si fingeva di estrema sinistra con una foto di poliziotti bianchi che perquisiscono un ragazzo nero e l'accusa che l'America è uno stato fascista. Ma una parte consistente dei messaggi era invece positiva. E' una tattica che i troll avevano già impiegato nel 2016: usare un messaggio positivo per attirare un pubblico ampio, e poi cominciare a riversare l'odio e la polarizzazione.
Quattro anni fa le elezioni presidenziali americane sono state un terreno di guerra informativa. I social media pensano di essersi attrezzati per difendersi nel 2020, ma il Cremlino rischia di essere sempre un passo avanti a loro.