D’ora in poi sarà inutile discutere di Patto di stabilità o tetto del 3 per cento. Ci vorrà un’economia di guerra, e una “legge d’emergenza”, ci dice la vicedirettrice del Bruegel. Il potenziale del tanto vituperato Mes, soprattutto per l’Italia
Bruxelles. Il vecchio mondo dell’Unione europea è finito questa settimana e d’ora in poi sarà inutile continuare a discutere di Patto di stabilità e crescita, Fiscal Compact o tetto del deficit al 3 per cento. Alcuni stati membri hanno deciso di reintrodurre le frontiere, imponendo il divieto di accesso agli altri cittadini europei non residenti, cancellando di colpo non solo Schengen (l’assenza di controlli ai confini) ma anche la libera circolazione di merci e persone. Ma è soprattutto sul piano economico che tutto è cambiato per la crisi del coronavirus e l’impatto economico della decisione di imporre una quarantena generalizzata. Gli stati membri sono entrati in una fase di “economia di guerra”, “con le scuole chiuse, porti l’economia in uno stato di coma artificiale”, spiega al Foglio l’economista Maria Demertzis, vicedirettrice del think tank Bruegel. Se la quarantena durerà 10-12 settimane, la perdita di pil per l’Ue sarà di circa il 10 per cento, dice Demertzis. Per rispondere alla recessione serviranno quindi stimoli fiscali per il 10 per cento del pil. L’1,4 per cento di deficit in più dell’Italia? “That’s nothing”, risponde Demertzis: non è nulla rispetto a quanto servirà. Lo stesso vale per gli altri paesi: è solo l’inizio.
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