Il caos inglese
Il Telegraph titola: la fine della libertà. Una sua editorialista cerca di mettere ordine nella confusione inglese
Londra. Il Daily Telegraph, il giornale più filoconservatore del Regno, è stato l’unico ad avere criticato Boris Johnson per le misure restrittive annunciate lunedì sera per combattere il coronavirus. Gli altri quotidiani, progressisti e conservatori, hanno accolto con sollievo la tardiva svolta del premier, che si è adeguato alle misure prese dagli altri paesi europei. Il Telegraph ha fatto un titolo grande con scritto: “End of freedom”, la fine della libertà. Secondo il quotidiano, Johnson s’è intromesso nella vita privata dei cittadini, rinnegando le sue credenziali da conservatore liberale. L’editoriale nelle pagine interne spiega che, viste le circostanze, la strategia del lockdown era l’unico modo per salvare migliaia di vite umane. Tuttavia, il giornale teme che lo stato si sia spinto troppo in avanti, creando un precedente pericoloso. “Nessun governo oggi può trascurare le conseguenze delle proprie scelte – scrive l’editoriale – Queste avranno un impatto sul nostro benessere economico, la coesione sociale e la libertà. Come verrà giudicata dalla storia questa giornata nera?”.
The Daily Telegraph: End of freedom #TomorrowsPapersToday pic.twitter.com/4eulyL9PEw
— Helena Wilkinson (@BBCHelena) March 23, 2020
Camilla Tominey, firma di punta del Daily Telegraph, ci spiega che la linea editoriale esprime i timori di alcuni lettori che accettano il lockdown – inevitabile, come mostrano i dati e le esperienze degli altri paesi – ma allo stesso temono i pericoli di uno “stato Leviatano”. L’ex ministro dei conservatori David Davis ha duramente criticato la legge che attribuisce grandi poteri al governo per affrontare l’emergenza sanitaria. “Alcuni conservatori vedono il pericolo di queste misure draconiane – spiega Tominey al Foglio – e temono che la risposta economica alla crisi sia stata imprudente. Sono convinti che il governo abbia avuto un approccio corbyniano, promettendo prestiti da 330 miliardi alle aziende e misure altrettanto generose per i lavoratori”. Tuttavia, questa preoccupazione è condivisa solo dall’ala ultra liberale del movimento conservatore. Il 76 per cento dell’opinione pubblica è fortemente a favore del lockdown, e la proporzione aumenta tra gli elettori dei Tory (81 per cento).
Secondo Tominey, la strategia confusionaria di Johnson per gestire il coronavirus nasce dal suo carattere ottimista. “Le restrizioni annunciate dal premier vanno contro la sua stessa indole. Johnson ha sempre deriso la presunta ossessione moderna verso la sanità e la sicurezza. Il problema è che la gente ha confuso il suo ottimismo con una sottovalutazione del pericolo, e ha contribuito a creare l’impressione che il governo stesse trascurando l’emergenza. Questo è uno dei motivi per cui molte persone non hanno rispettato le regole”. La disobbedienza dei cittadini ha reso le misure più restrittive inevitabili, anche a costo di provocare “la fine della libertà”? “Credo di sì – risponde la giornalista – Il lockdown non è stata una scelta presa a cuor leggero. Johnson ha temporeggiato nelle ultime settimane perché queste misure drastiche sono l’opposto di tutto ciò in cui crede. Tuttavia, sono l’unico modo per neutralizzare gli idioti (i cosiddetti covidiots, ndr) che hanno ignorato le raccomandazioni del governo sul coronavirus, e hanno continuato a fare la vita di sempre”.
Negli ultimi giorni il premier ha assunto un atteggiamento più serio e intransigente. Il verbo più usato nel breve messaggio di lunedì sera è stato “dovere”. “Johnson è stato costretto a interpretare un ruolo che non gli si addice – spiega la giornalista – Deve fare rispettare le regole, e assicurarsi che i cittadini seguano i consigli degli scienziati”. La svolta annunciata ha anche a che fare con un aspetto della mentalità inglese. “Il nostro atteggiamento flemmatico può andare bene in tempi di guerra, quando dobbiamo proteggerci dalle bombe, ma può essere controproducente durante un’epidemia. Noi inglesi tendiamo ad andare avanti come se nulla fosse, quando invece dovremmo alzare la guardia”. Johnson è stato molto criticato per la mancanza di leadership durante la crisi. Alcuni commentatori hanno contrastato l’atteggiamento esitante del premier nelle conferenze stampa giornaliere con i discorsi travolgenti del suo idolo, Winston Churchill, durante la Seconda guerra mondiale. “Sono dei paragoni maliziosi quando molta gente si trova in terapia intensiva”, dice Tominey. Inoltre, il discorso di lunedì sera ha ricevuto delle lodi bipartisan. La leadership del premier verrà indebolita dalla crisi? “Bisognerà aspettare la fine. Finora Johnson ha dovuto interpretare un ruolo poco naturale. Non è stato il solito Boris, e questo a volte ha reso il suo messaggio confuso e contraddittorio”.