Le strade vuote di New Orleans

Simona Siri

In Louisiana c’è un focolaio di Covid in grande crescita. Le voci dei suoi abitanti che ricordano cosa accadde con l’uragano Katrina, nel 2005 

I casi di coronavirus crescono in tutti gli Stati Uniti e se al momento il triste primato di contagiati è saldo nelle mani di New York  - più di 50 mila casi, oltre 700 deceduti – c’è un altro stato da tenere sotto controllo, uno in cui le morti per COVID-19 hanno visto un amento del 40% da un giorno all’altro. Si tratta della Louisiana. Partito in sordina, ha numeri che incominciano a fare paura: 3315 casi e 137 morti. New Orleans la città più colpita, con mille casi. Il vicino Texas, in confronto, di casi ne ha soli 1700, mentre il Mississippi ne ha ancora meno: 663. Sotto quarantina da due settimane per ordine del governatore John Bel Edwards - un democratico e per ora ancora miracolosamente nelle grazie di Trump che lo ha addirittura lodato - la Louisiana paga il fatto che il 25 febbraio, mentre in Italia venivano cancellate partite di calcio e l’ultima giornata del carnevale veneziano, a New Orleans andava regolarmente in scena Mardi Gras, la settimana di celebrazioni in cui milioni di persone invadono la città riversandosi per le strade, con parate e feste all’aperto che nulla hanno da invidiare al carnevale brasiliano. “La nostra traiettoria è simile a quella di Spagna e Italia”, ha dichiarato Edwards, sperando di convincere finalmente la popolazione a stare in casa. La scorsa settimana il presidente Trump ha approvato la sua richiesta affinché venisse dichiarata la situazione di emergenza, una procedura che sblocca ulteriori finanziamenti federali. “Sono sulla mia veranda e la strada è deserta”, mi dice al telefono Lilla Wright Kearney, da più di venti anni residente nel Garden District.

 

“È una bellissima giornata, ci sono 26 gradi. Stamattina sono uscita a fare delle commissioni molto presto e la situazione era abbastanza tranquilla. I negozi fanno entrare a turno, la maggioranza lavora da casa, ma è permesso uscire per fare una passeggiata. Chi ha il portico lo sfrutta come può: tra vicini ci si saluta e si scambia due chiacchiere a distanza”. Bar e ristoranti sono chiusi e funzionano solo come asporto o consegna. Bourbon Street, la strada che fino a un mese fa era il centro del divertimento, ora è deserta. “Siamo una città di baci e abbracci, calorosa, tenere le distanze non è il nostro forte”, mi dice Jennifer Ward. Lei e il marito hanno un ristorante, Luvi, in Tchoupitoulas Street. Come tutti hanno dovuto chiudere la sala e operano solo come asporto e consegna, dopo aver aggiustato il menù alle nuove esigenze. “I clienti abituali vengono ancora, per il momento noi come altri resistiamo. Il pacchetto passato dal governo federale sarà un aiuto nell’immediato, ma c’è grande incertezza per il futuro”. Esattamente come New York, New Orleans è una città la cui vita sociale ruota intorno ai ristoranti. La paura è che molti non ce la faranno a sopravvivere e che interi quartieri cambieranno faccia, come era già successo nel 2005 dopo Katrina. “Sì, il livello di incertezza è simile. Certo, oggi la gente non è costretta a evacuare le proprie case come dopo l’uragano, c’è meno movimento, ma è indubbio che è in gioco l’anima stessa della città, lo spirito che la rende quello che è”.

 

Anche perché l’emergenza sanitaria è solo all’inizio. Il governatore Edwards la scorsa settimana ha dichiarato che la Louisiana ha il terzo più alto tasso di casi di virus pro capite e il secondo più alto tasso di mortalità pro capite, con la regione di New Orleans in procinto di rimanere senza respiratori - necessari per i pazienti che devono essere intubati – già dalla prima settimana di aprile. Una catastrofe annunciata, mentre non tutti hanno ancora colto la pericolosità della situazione. “Chi si affida alle fonti ufficiali sa cosa deve fare e sta in casa - prosegue Ward - ma c’è anche tanto passaparola, disinformazione, gente che crede a quello che gli dice il vicino di casa. Io metto guanti e mascherina per andare a fare la spesa e in alcuni negozi la gente quando entro si mette a ridere, pensando che sia un’esagerazione”. “Non posso che apprezzare quello che sta facendo il governatore – dice Wright Kearney. È giusto rimanere a casa. Da questa tragedia potrebbe addirittura scaturire qualcosa di positivo, di bello. Vedo tanta generosità, tante persone desiderose di aiutarsi. La moglie di uno dei ristoratori del quartiere è in ospedale, intubata. Intono a lui si è creato un cordone di solidarietà davvero commovente. Siamo qui per lui, e lui lo sa”.

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