La Finlandia previdente che fa scorte di mascherine da settant'anni
Per evitare di rimanere senza niente, e per la particolare posizione geografica, il paese fa in modo di avere sempre tutto e questo tutto è custodito in magazzini di cui soltanto poche persone conoscono numero esatto e posizione
Roma. La vicinanza della Russia, nazione imprevedibile, e una lunga memoria storica hanno reso la Finlandia uno dei paesi più preparati all’arrivo del Covid-19. Virus che non ammette eccezioni – uno a uno i paesi che credevano di poter affrontare l’epidemia con un metodo diverso dagli altri (diverso dal lockdown) hanno dovuto ricredersi e chi ancora non l’ha fatto (come la Svezia) lo farà presto – ma al quale ogni nazione è andata incontro con diversi livelli di preparazione. In fatto di scorte, la Finlandia è tra i paesi che più possono vantare ampi approvvigionamenti sia di materiale sanitario sia di cibo, ma anche di petrolio. Non ha mai smesso di mettere via, di mettere da parte, almeno dagli anni Cinquanta e a fare in modo che la nazione non perdesse questa mentalità da formica sono stati due fattori. Il primo è storico, il secondo è geografico.
Dal 1939, quando Helsinki riuscì a respingere l’invasione dei sovietici, non ha mai smesso di preoccuparsi di quello che sarebbe potuto arrivare da Mosca. Il fattore geografico ha fatto sì che rispetto agli altri paesi del nord, come Svezia, Norvegia e Danimarca, la Finlandia continuasse a fare scorte, i suoi commerci passano attraverso il mar Baltico e deve fare affidamento alle condizioni di sicurezza e alla gestione del traffico marittimo. Per evitare di rimanere senza niente, la Finlandia da decenni fa in modo di avere sempre tutto e questo tutto, come ha raccontato il New York Times, è custodito in magazzini di cui soltanto poche persone conoscono il numero esatto e la posizione. Sono informazioni segrete, classificate, di questa rete di magazzini si sa soltanto che continuano a essere riforniti dagli anni Cinquanta. Due settimane fa il ministero della Salute ha ordinato che le mascherine delle scorte venissero distribuite, negli ospedali sono arrivate protezioni vecchie ma ancora del tutto funzionanti. Anche gli altri paesi del nord erano abituati a fare rifornimenti, ma con la fine della Guerra fredda e soprattutto dopo l’ingresso nell’Unione europea, Svezia e Danimarca hanno pensato che non ce ne fosse più bisogno, che in caso di crisi interna si sarebbe sempre potuti ricorrere ai vicini e al mercato unico. La pandemia ha messo gli stati di fronte a scelte difficili, ha fatto emergere i limiti dei sistemi sanitari di tutti, delle economie di molti e la nuova competizione tra nazioni alleate per recuperare il materiale protettivo che manca ovunque. Oltre alla difficoltà nel produrre tutto quello che serve, adesso si è aggiunto un nuovo problema: la paura delle azioni corsare tra alleati. C’è competizione tra gli stati ed è fortissima, la scorsa settimana la Francia ha denunciato che un carico di mascherine proveniente dalla Cina era ripartito alla volta degli Stati Uniti, dei compratori americani avevano offerto più dei francesi. Oltre alla competizione ci sono leggi che vietano le esportazioni di materiale essenziale, i blocchi alle frontiere, la paura di non avere abbastanza per se stessi che frena le esportazioni.
La Finlandia ha le sue scorte, le mette via da anni, per quando servirà e al momento è esclusa da tutte queste difficili trattative tra stati mentre fa molta invidia ai vicini, soprattutto alla Svezia che due anni fa distribuiva opuscoli su come prepararsi alla guerra ma non ha pensato a far scorte per una pandemia. I numeri del contagio in Finlandia sono contenuti e i suoi 5,5 milioni di abitanti – sono stati nominati i più felici del mondo e adesso hanno anche una ragione in più per esserlo – sono sempre abituati al peggio, “ce l’hanno nel sangue”, ha detto al New York Times Tomi Lounema, amministratore delegato della Finland’s National Emergency Supply Agency.