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Le file in Wisconsin

Luciana Grosso

Si è votato ieri per le primarie e per altre cariche dello stato. Code di ore, in piena pandemia: gli elettori sono in gran parte neri. Lunedì i risultati, tra due settimane il costo umano da coronavirus

In Wisconsin Trump fa le prove generali per vincere le elezioni di novembre. Mentre da noi era la notte tra martedì e mercoledì, i cittadini del Wisconsin (in gran parte neri) si sono messi ordinatamente in fila, per ore, per votare. Ma come? E la pandemia? E il coronavirus? E i più di 1.500 morti in un giorno? Pazienza. Si è votato lo stesso.

 

I risultati del voto arriveranno solo lunedì (per permettere l’arrivo e il conteggio di tutti gli absentee ballot, i voti per corrispondenza), ma poco male. Tanto, del risultato delle primarie e delle elezioni locali che si sono celebrate ieri, importa poco a tutti. Quel che a tutti gli elettori del Wisconsin in fila, per ore, sotto la pioggia (guarda tu la buona sorte) importava davvero era solo potersene tornare al chiuso delle loro case, lontani dal possibile contagio. Quel che a tutti gli elettori in fila importava era che questa follia delle elezioni in piena pandemia finisse il prima possibile. E c’è da capirli, gli elettori controvoglia del Wisconsin, visto che, in teoria e in un mondo che abbia un senso, non si sarebbe nemmeno dovuto votare in uno stato che ha registrato 2.500 contagi e circa 100 morti in due settimane. Ma la Corte Suprema dello Stato del Wisconsin (a maggioranza Repubblicana) ha deciso di rifiutare la richiesta del governatore dello stato (il democratico Tony Eders) di rinviare il voto, preferendo che le operazioni andassero avanti come previsto.

 

 

Così il risultato è stato che nella notte, in giro per Milwakee e per lo stato si sono viste file di ore.

 

 

Presidenti esortare le persone ad andare a votare.

 

 

Candidati presidenziali dire esplicitamente che trovano l’intera faccenda del voto in pandemia assurda e senza senso.

 

 

Uno scenario surreale di fronte al quale viene da chiedersi: come è stato possibile? La risposta, benché di mezzo ci siano le primarie democratiche, va cercata dalle parti del partito repubblicano. Il punto è che in Wisconsin si votava sia per le primarie democratiche sia per le elezioni locali di alcuni sindaci e soprattutto di un seggio da giudice alla Corte Suprema dello Stato. Il fatto che il voto non fosse solo per la conta interna ai Dem ma riguardasse alcune cariche pubbliche ha fatto sì che il Partito Democratico (che pure dall’inizio della pandemia ha rinviato o sospeso tutti i suoi voti per le primarie) non avesse voce in capitolo sulla data e sulla modalità del voto. Certo ha fatto richiesta di fermare tutto e di non far uscire di casa la gente per votare. Ma la decisione spettava alla Corte Suprema del Wisconsin, la stessa cui appartiene il giudice Daniel Kelly che, proprio nelle elezioni del 7 aprile cercava il voto. Indovinate un po’? La Corte di Kelly ha rigettato la richiesta di rinvio e confermato la data del voto.

 

 

Poi il Governatore dem Evers che ha chiesto che venisse ammesso solo il voto per corrispondenza, ma la Corte ha detto di no. Poi il Governatore Evers ha chiesto che venissero rese più semplici le operazioni di registrazione al voto on line, ma la Corte ha detto ancora di no. L’unica concessione fatta è stata quella di aspettare fino a lunedì per conteggiare tutti i voti per corrispondenza. Ma la questione va al di là dei confini del Wisconsin ed è più interessante e profonda: il New York Times parla del più grande attentato alla democrazia dai tempi del divieto di voto per i neri e sostanzialmente di una prova generale da parte dei repubblicani per limitare al minimo la (già storicamente scarsa) affluenza di voto, così da offrire un vantaggio a Trump: in America non è come da noi che l'affluenza bassa storicamente favorisce la sinistra. In America (anche per come funziona il sistema dei grandi elettori) più bassa è l’affluenza più forti sono i repubblicani, perché una serie di fasce deboli della popolazione (neri, disoccupati, poveri in generale) sono tradizionalmente democratiche eppure, tradizionalmente, le meno affezionate al voto. Dunque più difficile è per queste persone votare, tanto meglio è per i repubblicani. Così se a disaffezione, file, burocrazia si aggiunge anche la paura del Covid-19 (che le statistiche dicono essere molto più diffusa tra i democratici che tra i repubblicani), la scarsità di voti è quasi assicurata. E la rielezione di Trump messa (quasi, forse) al sicuro. Se l’operazione sia riuscita lo sapremo solo lunedì, quando i risultati ci diranno com’è andata nell’elezione che più stata a cuore ai Repubblicani quella alla Corte dello Stato tra il conservatore Daniel Kelly e la democratica (tendenza Sanders) Jill Karofsky. Mentre fra una decina di giorni, le statistiche sulla diffusione di CoVid ci diranno quanto tutto questo è costato.

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