I dati sconcertanti delle vittime afroamericane negli States
Trump ha detto di essere preoccupato: “Stiamo cercando di scoprire perché il bilancio è tre o quattro volte maggiore per la comunità nera rispetto ad altre persone”
New York. Più di quattrocentomila casi confermati (466.299), più di sedicimila (16.686) deceduti in totale. Dal primo aprile negli Stati Uniti sono morte ogni giorno più di mille persone a causa del Covid-19. Funzionari della sanità pubblica avevano avvertito che questa in corso sarebbe stata una settimana particolarmente difficile, e mentre si iniziano ad analizzare i dati parziali, una tendenza salta all’occhio: il virus sta uccidendo molto più gli afroamericani dei bianchi. Il professor Anthony Fauci, membro della task force della Casa Bianca e il più grande esperto di malattie infettive negli Stati Uniti, ha paragonato il preoccupante bilancio delle vittime del coronavirus tra gli afroamericani con l’effetto che l’Aids ebbe sugli uomini gay negli anni ’90. “Non è che si stanno infettando più spesso” – ha detto Fauci – E’ che quando vengono infettati, le loro condizioni mediche pregresse li fanno finire in terapia intensiva”. Da lì al tasso di mortalità più elevato il passo è breve.
Tra le città che hanno fornito dati divisi per razza ci sono quelle con grandi comunità afroamericane: Chicago, New Orleans, Detroit, Milwaukee. A Chicago, i neri rappresentano il 72 per cento dei decessi per coronavirus nonostante costituiscano solo il 30 per cento della popolazione della città. In Illinois i neri, che rappresentano il 15 per cento della popolazione, rappresentano il 40 per cento dei decessi (attualmente 380). In Michigan, dove ci sono stati 845 morti, il 40 per cento delle vittime è afroamericana, anche se rappresenta il 14 per cento della popolazione dello stato. A Milwaukee, gli afroamericani del Wisconsin rappresentano circa il 70 per cento delle vittime, ma il 26 per cento della popolazione. In Louisiana – 582 vittime a oggi – le morti afroamericane rappresentano il 70 per cento del bilancio totale, nonostante i neri rappresentino il 30 per cento della popolazione dello stato (anche se la maggior parte delle morti è a New Orleans, dove il 60 per cento della popolazione è nera).
Anche a New York City – che per la prima volta mercoledì ha pubblicato dati specifici – i numeri dicono che il virus colpisce in modo sproporzionato la comunità nera e quella ispanica. Le persone di colore rappresentano il 28 per cento delle vittime della città, anche se rappresentano solo il 22 per cento della popolazione, mentre gli ispanici rappresentano il 34 per cento dei morti e il 29 per cento della popolazione. “E’ macabro. E’ preoccupante. E’ sbagliato. E combatteremo con tutto ciò che abbiamo”, ha detto il sindaco Bill de Blasio. Persino Donald Trump ha detto di essere preoccupato: “Stiamo cercando di scoprire perché il bilancio è tre o quattro volte maggiore per la comunità nera rispetto ad altre persone. Non mi piace”.
Non c’è da cercare molto lontano. Siccome gli scienziati sono concordi nel dire che gli afroamericani non sono più sensibili al coronavirus, le ragioni vanno cercate nelle condizioni socioeconomiche: afroamericani e ispanici rappresentano la maggioranza degli “essential worker” le categorie professionali – infermieri, portinai, fattorini, autisti – che ogni mattina devono prendere i mezzi pubblici rischiando di essere contagiati. E questo per quelli fortunati che il lavoro ancora ce l’hanno: nelle ultime tre settimane 16 milioni di americani hanno chiesto il sussidio di disoccupazione. Molti di questi appartengono a minoranze e perdendo il lavoro hanno perso anche l’assistenza sanitaria. Non solo, più povertà significa da sempre condizioni di vita peggiori, significa diabete, ipertensione, asma, obesità: tutte condizioni che, in caso di contagio, rappresentano fattori prognostici negativi. C’è poi la questione del pregiudizio razziale: secondo quanto riporta Npr, la società di dati biotecnologici Rubix Life Sciences ha esaminato le recenti informazioni di fatturazione in diversi stati e ha scoperto che un afroamericano con sintomi ha meno probabilità di essere sottoposto a uno dei pochi test disponibili. “L’esperienza ci insegna che se sei povero, se sei di colore, verrai servito per secondo”, ha detto alla Cnn il dottor Georges Benjamin dell’American Public Health Association: “Il coronavirus non discrimina. L’uomo sì”.
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