Quel che accade negli Ehpad, le case di riposo francesi dove regna “l'omertà”
Per il settimanale Obs, i residenti delle case di riposo francesi sono “i grandi trascurati della pandemia”, i “dimenticati dai protocolli sanitari”
Parigi. Nei primi giorni dell’epidemia da coronavirus, le vittime degli Ehpad, le case di riposo francesi, non venivano calcolate nel bollettino quotidiano dei contagi e dei decessi comunicato dal direttore della Sanità, Jérôme Salomon. Un fatto incomprensibile, secondo la maggior parte degli osservatori, dato che gli altri paesi europei, seppur con diverse imprecisioni, hanno incluso i dati sugli istituti per anziani fin dall’inizio. Soltanto dopo le pressioni dell’opinione pubblica, lo scorso 2 aprile anche Parigi ha iniziato a diffondere pubblicamente le cifre. Martedì 7, le persone decedute negli Ehpad erano 3.237, ossia più 820 rispetto al giorno precedente. “L’entità di questo aumento è probabilmente dovuta al ritardo nella contabilità dei decessi e al fatto che veniamo da un weekend”, ha spiegato il direttore della Sanità durante la conferenza stampa. Mercoledì, per “problemi tecnici”, giustificazione che ha suscitato diverse polemiche, gli aggiornamenti sulle case di cura non sono stati comunicati. Ieri, Salomon è tornato ad aggiornare il bilancio: 4.166, ossia un aumento di 929 decessi.
“C’è una vera e propria omertà attorno a ciò che sta accadendo veramente negli Ehpad”, ha scritto su Twitter François Beaudonnet, giornalista di France Télévisions, evocando le Ars, ossia le agenzie sanitarie regionali, che “rifiutano di comunicare” le cifre, e “gli istituti, soprattutto quelli privati”, che “minacciano di licenziare i dipendenti che parlano”.
Per il settimanale Obs, i residenti delle case di riposo francesi sono “i grandi trascurati della pandemia”, i “dimenticati dai protocolli sanitari”. Per il Monde, se non saranno prese misure drastiche in tempi brevi, si verificherà una “tragedia a porte chiuse”. L’allarme sulla situazione negli Ehpad è stato lanciato per la prima volta lo scorso 20 marzo dal personale sanitario degli istituti, attraverso una lettera indirizzata al ministro della Salute Olivier Véran. “La situazione preoccupante a cui stiamo assistendo in sempre più istituti mostra che l’aumento del numero di casi è rapido e, per la maggior parte, consecutivo alla trasmissione virale di un membro del personale sanitario asintomatico”, hanno scritto nella lettera i dipendenti delle case di riposo, invitando il ministro a risolvere il problema della penuria di mascherine al più presto e a rafforzare le misure di contenimento del contagio. Il rischio, hanno aggiunto, è quello di avere “100mila morti”, di assistere inermi a una vera e propria ecatombe. Il messaggio, con un ritardo fortemente criticato, è stato recepito diciassette giorni dopo. Lunedì 6 aprile, il ministro Véran ha annunciato tamponi a tappeto in tutti gli istituti che accolgono “le persone più fragili”, e in particolare negli Ehpad. L’obiettivo, ha specificato Véran, è “testare tutti i residenti e tutti gli operatori sanitari a contare dal primo caso confermato di contagio da coronavirus all’interno di ogni istituto”. In questo modo, sarà possibile identificare rapidamente i primi malati e isolare quanto prima gli altri residenti, secondo l’esecutivo.
La Francia conta 7.200 Ehpad e il 43 per cento di essi è pubblico. All’interno delle case di riposo, vivono circa 700 mila persone e 400 mila lavorano. Secondo i dati della Direction de la recherche, des études, de l’évaluation et des statistiques (Drees), organismo dipendente dai ministeri della Salute e delle Finanze, l’età media di un residente quando entra in un Ehpad è di 85 anni e nove mesi. Nel Grand-Est, epicentro dell’epidemia, 411 Ehpad su 620 sono stati colpiti dal coronavirus. Ma nel resto della Francia, la situazione non dovrebbe essere così drammatica, secondo il ministro Véran. I due terzi delle case di cura del paese, attualmente, non hanno ancora dichiarato casi positivi. Per Hubert Blain, primario del reparto di geriatria dell’ospedale di Montpellier, “è in questi istituti sanitari che bisogna combattere, affinché non entri il virus, o quantomeno affinché provochi il minor numero di morti possibile”.