Xi Jinping (LaPresse)

L'impero rosso

Giulio Meotti

“La Cina di Xi Jinping potrebbe riuscire dove l’Unione sovietica ha fallito”. L’obiettivo è l’egemonia. Parlano il dissidente Liao Yiwu e altri esperti

Non sembrano versi composti nel giugno 1989, ma nel febbraio 2020: “Il prossimo massacro accadrà nella Centrale dell’Utopia. Il Presidente è raffreddato, il popolo tossisce, e lo stato di guerra è stato dichiarato. L’apparato statale, sdentato, opprime i malati che osano opporsi…”. Lo scrittore e dissidente cinese Liao Yiwu scrisse questa poesia durante il massacro di Piazza Tiananmen. “Sono stato arrestato per aver scritto e recitato questa poesia, ‘Massacro’, nelle prime ore del 4 giugno 1989”. Parlando con il Foglio, Liao è arrabbiato. Non solo con il regime cinese, che odia, ma anche con l’occidente, dove adesso vive. “L’Europa mostra tutta la sua debolezza. Non si rende conto che l’offensiva cinese ne minaccia libertà e valori. Sono stato condannato per crimini controrivoluzionari a quattro anni di carcere. Sono stato in quattro prigioni diverse e con più di venti detenuti nel braccio della morte. Ho tentato due volte il suicidio perché non sopportavo la tortura”.

  

 

“La Cina è la più grande prigione per il lavaggio del cervello del mondo” dice Liao Yiwu, che si è fatto quattro anni di carcere per una poesia

La sua autobiografia è stata pubblicata in Germania e ha vinto il Premio internazionale per la pace degli editori tedeschi (in Italia è uscita da Mondadori con il titolo “Un canto, cento canti”, con la prefazione del Nobel per la Letteratura Herta Müller). Angela Merkel ha incontrato Liao cinque volte, ha letto e consigliato i suoi libri. In Francia ha pubblicato anche “Dans l’empire des ténèbres”, che l’ex ministro Robert Badinter ha definito “una grande testimonianza sulla scia di Dostoevskij e Solzhenitsyn”. Secondo Liao, che oggi vive a Berlino e che era amico del Nobel cinese Liu Xiaobo, sono 70 anni che il regime cinese brutalizza il suo popolo. “Attraverso bugie e massacri”, continua Liao al Foglio. “Da Mao Zedong a Deng Xiaoping. La carestia dal 1959 al 1962 causò quasi quattro milioni di morti per fame. Avevano bisogno di abbattere i nemici politici e fare il lavaggio del cervello alla gente”. La pandemia ha assestato un duro colpo al regime. “Questa è la più grande crisi che questo impero comunista ha affrontato dal massacro di Piazza Tiananmen nel 1989, come Chernobyl nell’ex Unione sovietica. A Tiananmen, gli occidentali avrebbero dovuto capirlo. Tuttavia, è un peccato che l’occidente in seguito abbia dimenticato. Ora, come uno dei più importanti testimoni storici della Cina e come scrittore cinese tradotto in occidente, ricordo di nuovo alle persone: questa è la più grande prigione per il lavaggio del cervello del mondo. L’attuale guardiano, Xi Jinping, è un perverso che sostiene la violenza e ruba e usa la tecnologia occidentale. Il suo cosiddetto ‘Sogno cinese’ è quello di trasformare il mondo in una prigione invisibile per i cinesi attraverso mezzi tecnologici. I politici e i consorzi occidentali avidi di denaro sono involontariamente attirati, è una debolezza della natura umana”.

 

C’è chi parla di “nuova Guerra fredda”, come Niall Ferguson. Un libro di Gordon G. Chang del 2001 aveva come titolo “The Coming Collapse of China”. Altro che collasso. Da allora il prodotto interno pro capite cinese è quintuplicato, le sue ex baraccopoli sono diventate colossi ipermoderni d’acciaio e vetro e la crescita della Cina è tre volte quella dell’America. E ora Pechino sogna di assimilare l’occidente. Il capo della Commissione affari esteri della Camera dei Comuni inglesi, Tom Tugendhat, ha appena dichiarato: “La Cina è determinata a creare un nuovo ordine mondiale con se stesso ai vertici”. La metà delle auto del mondo, l’80 per cento dei computer, il 90 per cento dei telefoni e delle medicine di base sono fabbricate in Cina. Nessun altro paese ha mai conseguito un progresso sociale ed economico così rapido per un periodo di tempo così prolungato. “Ci troviamo in quello che i tedeschi chiamano Systemwettbewerb, o competizione di sistemi, tra le democrazie liberali e il capitalismo cinese, che sta proiettando sempre più la sua pretesa assoluta di potere oltre i confini”, ha detto Thorsten Benner, fondatore e direttore del Global Public Policy Institute a Berlino. La Guerra Fredda con l’Unione sovietica era più chiara. “Avevamo un antagonista ideologico e della sicurezza che non era un concorrente economico. Oggi, ci troviamo di fronte a un avversario che è un potente concorrente economico e implicato in maniera complessa nell’economia e politica dell’occidente. Il sistema capitalistico autoritario cinese con le sue ambizioni egemoniche è di gran lunga la sfida strategica più difficile che l’Occidente ha dovuto affrontare sinora”.

 

“Ci sono più marxisti a Cambridge e nel Massachusetts che in tutta la Cina”, ci dice l’analista americano David Goldman

Nel 2013, una direttiva segreta del Partito comunista cinese conosciuta come “Documento numero nove” chiedeva il rifiuto di sette idee occidentali come “la democrazia costituzionale”, “i valori universali” dei diritti umani, e ancora, l’indipendenza dei media, la partecipazione civica, il mercato senza autorità pubblica e le critiche “nichiliste” sul passato del Partito comunista. In discorsi e documenti ufficiali, il presidente Xi Jinping parla di una lotta tra il “socialismo con caratteristiche cinesi” e le “forze occidentali ostili alla Cina”, con le loro idee “estremamente malevoli” di libertà, democrazia e diritti umani. L’Occidente sembra essere diventato un obiettivo.

 

Ne parliamo con Jean-Pierre Cabestan, che insegna alla Hong Kong Baptist University e autore di “China Tomorrow: Democracy or Dictatorship?” (Rowman & Littlefield, 2019). Secondo Cabestan, Xi è più Breznev che Gorbaciov. “A causa del rallentamento economico, dell’aumento del debito interno, dell’impatto della covid e di un disaccoppiamento graduale tra Cina e Occidente, in particolare gli Stati Uniti”, la Cina rischia la stagnazione. “La Cina è un sistema a partito unico che presenta molte caratteristiche comuni con l’ex Unione sovietica, con strutture economiche più flessibili e diversificate e una società più globalizzata e aperta ma ancora strettamente controllata; in altre parole, il Partito si è adattato meglio al nuovo ambiente internazionale e alla globalizzazione economica degli altri paesi socialisti (tranne il Vietnam) senza giocare secondo le regole internazionali e i diritti umani”.

 

Cabestan concorda con Ferguson: “Esiste un nuovo tipo di Guerra Fredda tra gli Stati Uniti e la Cina e, di conseguenza, con l’Occidente nel suo insieme, compreso il Giappone, anche se per quei paesi è meno visibile. E’ ‘nuova’ a causa del grado di interdipendenza tra le economie cinesi e occidentali. La Cina sotto Xi ha intrapreso una guerra offensiva contro la democrazia, i valori universali, la magistratura indipendente, le ong, la società civile, tutti i valori in cui crediamo”.

 

Il confronto con l’Urss è utile fino a un certo punto: “Il sistema politico è una forma modernizzata e digitalizzata di leninismo, e persino lo stalinismo stimolato da un nazionalismo intollerante mentre l’economia è una miscela di economia amministrata e un’economia privata supportata dallo stato per conquistare il mondo, come Huawei o Alibaba. In altre parole, la Cina è un nuovo animale con una testa sovietica e gambe asiatiche ispirate alle tigri asiatiche”. Qual è il principale rischio strategico e geopolitico per l’occidente oggi? “I rischi più evidenti che l’Occidente nel suo insieme sta affrontando sono le ambizioni tecnologiche e industriali della Cina chiaramente stabilite nel suo piano Made in China 2025, annunciato nel 2015. Le democrazie moderne devono mantenere il proprio vantaggio tecnologico e proteggere meglio i diritti di proprietà intellettuale; il secondo rischio è la crescente influenza internazionale della Cina, in particolare nel sistema delle Nazioni unite”. Il terzo è più strategico e militare, “fortemente sentito in America perché gli Stati Uniti hanno responsabilità di sicurezza nella regione indo-pacifica, meno in Europa, tranne forse in Francia che ha pochi interessi ma a lungo termine nel sud Pacifico. Taiwan, il mar cinese meridionale, il mar cinese orientale sono i principali punti caldi in cui un conflitto potrebbe scoppiare tra la Cina e gli Stati Uniti e i suoi alleati”.

 

Dalla pandemia emergerà una nuova geopolitica. “L’occidente si renderà conto che essere troppo dipendenti dalla Cina è una vulnerabilità. Il controllo delle malattie e delle epidemie diventerà una delle massime priorità di sicurezza nei prossimi anni perché possono destabilizzare non solo l’economia ma molte società”.

  

“Testa sovietica e gambe asiatiche” la descrive Jean-Pierre Cabestan. “Xi Jinping è più Breznev che Gorbaciov”

 

Lo storico di Stanford Victor Davis Hanson pensa che la Cina sia in declino. “Il suo brand oggi è offuscato e la maggior parte delle aziende e delle nazioni non si fideranno di ciò che dice la Cina”, dice Hanson al Foglio. “La Cina è molto più vicina al raggiungimento dell’egemonia globale di quanto non fosse l’Urss, anche se non ha il devastante deterrente nucleare di Mosca. Detto questo, molti paesi europei e gli Stati Uniti in parte sono stati ipotecati da istituti di credito cinesi. La Cina è un insidioso avversario che ha studiato brillantemente le patologie occidentali come la politica dell’identità e il multiculturalismo, con il risultato orwelliano che la nazione più razzista e meno diversificata del mondo, che ha i campi di detenzione, è la vittima del presunto razzismo e xenofobia occidentale, nel momento in cui gli occidentali dichiarano giustamente la colpevolezza della Cina per una catastrofe mondiale”.

 

Sul fronte opposto, sempre in ambito conservatore, è David P. Goldman, fondatore di Asia Times e che si è a lungo firmato con lo pseudonimo “Spengler”. Sta per pubblicare un nuovo libro, “You will be assimilated: China’s plan to sino-form the world”. “Allo stato attuale, gli Stati Uniti saranno superati dalla Cina nei prossimi anni e le conseguenze per gli standard di vita e la sicurezza americani saranno disastrose”, ci spiega Goldman. “L’epidemia rivela la vulnerabilità della Cina, ma ha anche mostrato il potere e la spietatezza dello stato cinese. La Cina ha usato il potere assoluto dello stato cinese per mettere in quarantena città grandi come alcuni paesi europei, interdire i trasporti e controllare il movimento di centinaia di milioni di persone”. I falchi americani pensano di avere a che fare con l’Unione sovietica degli anni Ottanta. “Se fosse così facile”, continua Goldman. “La Cina è qualcosa di completamente diverso. I comunisti sovietici dissero ai loro scienziati: ‘Inventa qualcosa di nuovo e ti daremo una medaglia e una dacia’. La Cina dice: ‘Inventa qualcosa di nuovo, lancia un’offerta pubblica iniziale e diventa miliardario’. Ci sono più marxisti a Cambridge e nel Massachusetts che in tutta la Cina. Ho incontrato un professore marxista a cena un paio di anni fa a Pechino, un tipo simpatico che ha insegnato la dottrina marxista-leninista alla scuola del partito comunista. Sua figlia si era appena laureata in una delle migliori università americane e mi chiese se potevo aiutarla a trovare lavoro a Wall Street. Non abbiamo a che fare con burocrati sovietici ubriachi e corrotti, ma con una élite di mandarini laureati. L’America deve affrontare qualcosa di molto più scoraggiante del marxismo mangiato dalle tarme: un impero di cinquemila anni pragmatico, curioso, adattivo, spietato e affamato”. Per la prima volta nella storia, la Cina è riuscita ad assimilare una massa critica dell’élite scientifica dell’occidente e a sfruttarla per le sue ambizioni globali. “La Cina ha costruito il sistema autostradale più lungo del mondo, la più grande rete ferroviaria ad alta velocità del mondo e abbastanza case per spostare 600 milioni di persone dalle campagne in città. Niente di tutto questo c’era trent’anni fa. L’infrastruttura cinese è la meraviglia del mondo moderno. Rispetto agli aeroporti, alle strade e alle linee ferroviarie della Cina, la maggior parte degli Stati Uniti sembra un paese da Terzo mondo. La Cina ora ha più scienziati e ingegneri di Stati Uniti, Europa, Giappone, Taiwan e Corea del sud messi insieme, e quattro volte più degli Stati Uniti”. A differenza dell’Urss, la Cina non mira a un impero. “Vuole l’assimilazione globale per via indiretta. Il mondo non ha mai visto nulla di simile allo sfondamento della Cina sulla scena globale. Leon Trotsky diceva che anche se non sei interessato alla guerra, la guerra è interessata a te. Lo stesso vale per la Cina”.

 

Otto anni fa, nella ex chiesa di San Paolo a Francoforte, di fronte all’élite tedesca, Liao Yiwu ha accusato l’occidente di debolezza sulla Cina. “Il boia sta vincendo, l’intero paese diventa il suo schiavo, saccheggiando e devastando fino a quando il midollo osseo non sarà spremuto”, dice Liao al Foglio. “Hanno detto agli uomini d’affari occidentali: ‘Vieni, fonda qui le tue fabbriche, finché non parli dei diritti umani, puoi fare qualsiasi cosa’. Per far sparire la repressione e dare l’‘oppio’ al popolo, i cinesi sono stati incoraggiati a correre dietro ai soldi. Gli occidentali guardano la Cina con occhi increduli, sedotti come un vecchio davanti a una ragazza”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.