Charlie Baker, governatore del Massachusetts, repubblicano (foto LaPresse)

Così il sistema si organizza per isolare Trump

Paola Peduzzi

L’alleanza dei governatori e l’alleanza degli ex rivali dem + Obama

Milano. Qui comando io, ha detto Donald Trump nel suo appuntamento quotidiano con il pubblico che nasceva come un aggiornamento sulla situazione della pandemia e ora è un comizio elettorale, con tanto di video in cui si celebra “il successo” del governo americano e si denunciano i media e i democratici (molte tv americane hanno preso a interrompere le dirette). Qui comando io, ha ripetuto Trump, non c’è iniziativa statale che possa procedere senza il via libera del governo: ce l’aveva con i governatori che dopo aver criticato l’inazione di Trump – e il suo muoversi scomposto nell’emergenza – hanno formato alleanze geografiche, sulla costa est e su quella ovest, ché la solidarietà serve nei lockdown ma anche e soprattutto nelle riaperture. Per Trump l’iniziativa locale è inaccettabile, sembra che vogliano “l’indipendenza” , ha tuittato ieri, e per di più è guidata da governatori che hanno criticato il format darwiniano che lui aveva messo in piedi – tutti gli stati uno contro l’altro per accaparrarsi materiale sanitario più velocemente e sulla base dell’“apprezzamento”. Per questo la reazione stizzita è stata tanto plateale, pure se si sa che i meno autorevoli sono quelli che devono ribadire di continuo la propria autorità.

 

L’alleanza tra governatori è uno degli anticorpi che il sistema americano ha messo in piedi per contenere Trump: non c’è alcun sovvertimento in corso, semmai c’è la consapevolezza diffusa che il presidente stia esercitando in modo poco coerente ed efficace (qualcuno dice: pericoloso) il proprio potere. I governatori che devono gestire la quotidianità tragica della pandemia con le sue differenze regionali hanno deciso di collaborare invece di competere. E’ lo stesso meccanismo – e questo è il secondo anticorpo che il sistema americano sta mettendo in atto – che fa da collante nel partito all’opposizione, il Partito democratico: Bernie Sanders sostiene il “nemico interno” Joe Biden, e questo è il primo passo importante verso un’insperata unità della sinistra americana, sancita ieri dal grande endorsement dell’ex presidente Barack Obama. I governatori che hanno deciso di coordinarsi sono democratici (tranne uno), ma questa volontà di collaborazione ha poco di ideologico e di partitico: nasce piuttosto dalla necessità concreta, dal buon senso che difetta al presidente.

 

Come ha detto Andrew Cuomo, governatore da copertina dello stato di New York (e Trump non tollera chi lo mette in ombra): “Cerchiamo di essere intelligenti, coordiniamoci e impariamo l’uno dall’altro”. L’obiettivo di questa alleanza è quello di non vanificare gli sforzi degli altri stati e di sincronizzare il più possibile i tempi delle riaperture in modo da non creare effetti negativi sui vicini: è per questo, per la più ragionevole delle motivazioni, che il governatore del Massachusetts, il repubblicano Charlie Baker, si è unito agli altri stati a guida democratica, New Jersey, Connecticut, Pennsylvania, Rhode Island e Delaware (questi sette stati hanno 325 mila casi confermati di contagio, più della metà di tutto il paese, e circa 14.400 morti, il 63 per cento del totale americano). La stessa alleanza è stata organizzata da tre stati della costa occidentale, California, Oregon e Washington, che hanno combattuto con molta efficacia il virus, al punto che la California ha mandato mille respiratori a New York (su uno degli scatoloni inviati c’era scritto: “All New York City needs is love… from California”).

 

Trump vede nell’attivismo locale non tanto idee o modelli da seguire quanto minacce elettorali. Ogni governatore che acquista visibilità è un nuovo rivale, se è democratico è già un nemico. Per la prima volta da molto tempo, il Partito democratico sta facendo sul serio con la sua proposta di unità: l’acrimonia del 2016 è stata in parte sanata dall’alleanza di Biden, che sfiderà Trump a novembre, con Sanders, che si è ritirato sconfitto dalla corsa. Biden ha una proposta graduale – cauta e pragmatica – per la ripartenza economica, Sanders lo sostiene e lo fa in modo molto più sentito rispetto all’endorsement a denti stretti a Hillary Clinton (arrivò solo a luglio, non ci credette nessuno). Ora per Biden inizia la parte complicata: conquistare i sandersiani per costruire un’alleanza in grado di sconfiggere Trump. Alexandria Ocasio-Cortez, deputata sandersiana molto popolare, ha detto: se Biden vuole il nostro voto, deve guadagnarselo, sarà una convivenza scomoda, la nostra, ed è allora che ci accorgeremo che funziona. Un’altra insperata alleanza, l’antidoto migliore a quel Trump che scommette sulla competizione, tutti contro tutti e mi salvo io.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi