Donald Trump (foto LaPresse)

Ricette liberiste per affrontare l'emergenza coronavirus

Maurizio Stefanini

In polemica con la gestione Trump e con la narrazione di chi invoca “più stato” per superare la crisi legata alla pandemia, il Cato Institute propone una serie di liberalizzazioni e misure immediatamente attuabili

Sul coronavirus, il Cato Institute è ormai sul piede di guerra contro Donald Trump. Think tank icona del liberismo Usa che un certo stereotipo potrebbe associare a una “destra” generica simpatizzante per il tycoon, l’istituto, che prende il nome dal proverbiale censore custode della integrità morale della Roma repubblicana, critica la Casa Bianca su vari fronti. Sostiene, ad esempio, che nel sistema federale degli Stati Uniti il presidente non può ordinare la fine del lockdown contro la volontà dei governatori, e avverte che l’epidemia non può essere il pretesto per una compressione delle libertà civili. Una polemica che, in realtà, è solo parte di una più ampia battaglia contro la narrazione che identifica nel “neo-liberismo” il colpevole della pandemia – come se questa non fosse iniziata in un paese dove governa un partito comunista che promuove sì gli affari, ma continua a soffocare la libera informazione perfino sulle malattie che si stanno scatenando. E in un momento in cui tutti prevedono che un collasso dell’economia, definito dal Fmi “il peggiore dal 1929”, porterà a una ripresa del dirigismo, il Cato Institute propone invece una articolata ricetta liberista. 

 

Coronavirus and Regulation” è il titolo del documento firmato da Thomas A. Firey e Peter Van Doren in cui si si sottolinea che “le crisi spesso illuminano politiche pubbliche inefficienti”, i cui costi superano i benefici. “La società può tollerarli (e potrebbe anche non notarli) in tempi normali, consentendo alle politiche di continuare, proteggere e arricchire interessi speciali. Ma nelle crisi, i loro costi diventano meno tollerabili”. E a causa del coronavirus “l'economia degli Stati Uniti sta vivendo simultaneamente shock negativi per la domanda e l'offerta”. Come terapia d’urto, piuttosto che far crescere lo stato a dismisura vengono proposte alcune misure che “darebbero una mano immediatamente”.

 

Prima fra tutte, la liberalizzazione del sistema di licenza medica per cui ora i laureati in medicina e altri professionisti della sanità devono essere ulteriormente riconosciuti dagli stati. È una vecchia polemica del Cato Institute quella secondo cui questo tipo di esame non serve a garantire la competenza ma solo a limitare la concorrenza. L’attuale urgente bisogno di personale potrebbe aiutare a fare un primo passo. Di una analoga liberalizzazione dovrebbero ovviamente e ancor di più beneficiare i soccorritori non medici. 

 

Più in generale, il Cato Institute chiede di “rimuovere le barriere doganali”, osservando che le guerre doganali di Trump hanno portato a un rincaro di generi di prima necessità che aggrava i problemi degli americani in quarantena. Non dipende invece da Trump, ma risale al 1920, il Jones Act secondo cui tra un porto americano e l’altro i beni possono essere trasportati solo da navi fabbricate negli Stati Uniti. Altro aggravio per i prezzi che si può togliere subito. 

  

C’è inoltre il tema delle medicine, i cui usi negli Stati Uniti devono essere autorizzati dalla Food and Drug Administration (Fda). In realtà poi accade che altri impieghi terapeutici possano emergere nel tempo, e che i medici inizino ad autorizzarli senza aspettare i tempi lunghi della Fda per adeguare le indicazioni ammesse. Ma le società produttrici hanno una proibizione di dare informazione, che il Cato Institute chiede di rimuovere.   

 

Sembra incredibile, ma in molti stati Usa i cittadini costretti a casa non potrebbero telelavorare o comunque lavorare dal proprio domicilio, per via di leggi e regolamenti. Occasione eccellente per rimuoverli. In linea con la retorica anti-immigrati di Trump c’è poi il tentativo della Casa Bianca di porre termine a quel programma H-4 EAD che permette ai migranti legali di lavorare e fare imprenditoria. Per il Cato Institute il programma va invece tutelato. Così come va tutelato quella Deferred Action for Childhood Arrivals, senza la quale molti immigrati sarebbero spinti alla clandestinità incrementando, tra l’altro, il rischio di contagio.

Last but not least, la liberalizzazione di funerali, fiori e altre attività economiche collegate ai defunti: il modo migliore per alleviare lo sforzo economico dei parenti delle vittime.  Più in generale, il Cato Institute richiede poi altre misure sulla liberalizzazione dell’industria farmaceutica in generale. Ma per ciò ammette che ci vorrebbe un po’ più di tempo.

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