Voi la comprereste la maglietta con il virologo Tegnell, star del controverso modello svedese?
L'opinione pubblica è divisa. Per qualcuno è un eroe per altri un irresponsabile
Roma. Del modello svedese si parla ovunque, anche in Svezia. Soprattutto in Svezia, dove l’approccio scelto dalla nazione è ancora molto dibattuto, dove i cittadini si dividono tra chi è orgoglioso della propria singolarità e chi si guarda attorno e si chiede quanto sia giusto definire un successo questo modello svedese così controcorrente. Il modello lo conosciamo, niente quarantena, parchi, ristoranti, palestre e scuole aperti, eccezion fatta per le università e le superiori, niente assembramenti con più di cinquanta persone, tantissimi appelli al senso civico e anche tanta prevenzione: Stoccolma ha cercato di aumentare rapidamente il numero di posti letto in terapia intensiva.
L’unicità della sua strategia esalta e indigna e il protagonista di sentimenti tanto contrastanti è l’architetto di questa strategia: il dottor Anders Tegnell al quale il governo ha affidato la gestione dell’epidemia. Tegnell è diventato una star, gli svedesi scandiscono le loro giornate con l’appuntamento quotidiano con lui che ogni giorno, anzi ogni sera, commenta in televisione i dati sul contagio. Lo scorso fine settimana ha detto che le cose vanno bene, che la nazione si trova in una situazione stabile, la curva non cresce esponenzialmente anche se non si flette, i numeri rimangono bassi se confrontati con l’Italia o con la Spagna, ma non se si guardano le altre nazioni scandinave. Ma Tegnell è rimasto fedele alla sua strategia, anche due settimane fa quando il primo ministro Stefan Löfven ammetteva in diretta che forse non tutto era stato fatto alla perfezione, che bisogna guardare agli errori e magari ripensare il modello svedese continuava a dire che la malattia continuerà a diffondersi fino a quando la popolazione non avrà sviluppato l’immunità collettiva. Anche quando Donald Trump ha detto di essere sconvolto dal vedere la Svezia soffrire enormemente. La strategia non è mai cambiata, la Svezia è rimasta fedele alle idee del dottor Tegnell, epidemiologo di 64 anni con la passione per il giardinaggio, sposato con una olandese e con tre figli, che al presidente americano ha risposto che il sistema sanitario a Stoccolma rispetto a New York, continua a funzionare bene nonostante le difficoltà.
Anders Tegnell è specializzato in malattie infettive, è stato inviato dall’Organizzazione mondiale della Sanità prima in Congo e poi in Laos, e in Svezia è stato a capo del dipartimento delle malattie infettive che si occupò di vaccinare cinque milioni di svedesi durante l’epidemia di H1N1, allora circa 400 persone soffrirono per gli effetti collaterali del vaccino e di Tegnell si parlava già molto. Il suo nome non è stato dimenticato e continua a dividere. Per qualcuno è un eroe per altri un irresponsabile, ma ormai è diventato una celebrità che può vantare magliette con la sua faccia, costano circa 250 corone e metà del ricavato sarà devoluto a Medici senza frontiere, il Monde scrive anche che è diventato il soggetto di ben due canzoni e c’è chi parla di una serie tv con lui come protagonista. Su Facebook ci sono pagine di suoi ammiratori e di suoi detrattori e l’opinione pubblica è divisa, di Tegnell parlano tutti e ne parlano in continuazione e sembra ormai che sia necessario prendere delle posizioni per decidere se sia il saggio che ha saputo parlare agli svedesi, che li ha salvati dal lockdown, oppure se sia lo scriteriato che si è permesso di sacrificare la vita di 1.765 persone. Il dottor Tegnell si è preso delle responsabilità importanti, la Svezia si è fermata meno di altre nazioni, lo ha fatto in modo diverso, senza leggi severe e multe tuttavia, come notava Bloomberg, i viaggi nella settimana di Pasqua sono diminuiti del 96 per cento rispetto al 2019 (i dati sono stati forniti da Telia Company, una compagnia telefonica) e anche a Stoccolma le persone si spostano meno del 75 per cento. I cittadini ritengono che l’approccio del governo sia corretto. Così la pensa anche l’economia che ha subìto delle contrazioni minori rispetto agli altri paesi europei.