Il successo di Israele

Giulio Meotti

Netanyahu dichiara “vittoria” contro il virus. E così si prepara al suo possibile ritorno

Roma. Moshe Bar Siman-Tov, il direttore generale del ministero della Sanità israeliano, in tv ha detto: “Eravamo a un ritmo in cui il numero di nuovi pazienti raddoppiava ogni tre giorni… C’è stato un solo giorno in cui il numero di pazienti gravemente malati è aumentato del 50 per cento. Se questa tendenza fosse continuata, oggi avremmo oltre 600 mila persone malate, oltre 10 mila sotto ventilatore e molte migliaia di persone che sarebbero morte”. Israele ha invece “sconfitto il virus”, come ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu.

  

Basta contare il numero di morti per milione. Israele ne ha 20, molto dietro Francia (302), Regno Unito (237), Italia (391), Spagna (437), Belgio (490) e Olanda (215). Non è prematuro affermare che, tra i paesi occidentali e assieme a Nuova Zelanda e Australia, Israele è stato l’unico ad aver contenuto la pandemia. Il tasso di mortalità pro capite in Israele è tra i più bassi dell’Ocse. Il sistema sanitario israeliano non ha mostrato segni di crisi. Israele è stato il primo paese occidentale ad applicare quarantene mirate e restrizioni di viaggio. Israele ha condotto 17 test ogni mille persone, come la Germania (16) e molto più della Corea del Sud (10), della Francia (5) e del Regno Unito (4). Gli over 70 e 80 sono stati molto protetti e Israele non ha assistito alla devastazione nelle case di riposo, routine nei paesi avanzati colpiti dal virus. Israele ha affrontato la crisi anche come un problema di sicurezza, coinvolgendo i suoi servizi segreti e l’intelligence per tracciare l’infezione violando la privacy dei cittadini che lo hanno accettato senza mugugni. Israele non ha chiesto l’aiuto soltanto del Mossad per trovare forniture mediche indispensabili all’estero. Il comandante della segretissima unità d’élite Sayeret Matkal è stato arruolato un mese fa per condurre più test giornalieri. E Gal Hirsh, che guidò l’esercito israeliano contro Hezbollah nelle terribili battaglie di Bint Jbeil e Maroun al Ras, ha assunto il comando della quarantena nelle città ultraortodosse, le più colpite dalla pandemia.

 

Meno di otto settimane dopo aver avvertito che la pandemia avrebbe potuto uccidere decine di migliaia di israeliani, il primo ministro Netanyahu lunedì notte ha detto alla nazione che Israele ha tenuto il virus sotto controllo con 235 vittime. “Una grande storia di successo”, ha detto Bibi, mentre il paese tornava a una forma di normalità. In Svezia e in Belgio, paesi con un numero di abitanti simile a Israele, i morti sono stati rispettivamente tremila e ottomila. “Nessuno sa cosa accadrà dopo”, ha detto Bibi, “non i leader mondiali, né gli esperti. Come con un pilota che controlla gli indicatori, ‘se si accende una luce rossa, dovremo cambiare la politica’”. Netanyahu nel frattempo sigillava la propria sopravvivenza politica con un accordo di grande coalizione con Benny Gantz, che gli consentirà di tenere la premiership per i prossimi diciotto mesi.

 

Due giorni fa, da Israele, che ha il più alto numero di ricercatori pro capite al mondo con 17 ogni mille abitanti (quasi il doppio degli Stati Uniti) sono arrivate due notizie scientifiche che hanno fatto il giro del mondo. Israele sta preparando un test sierologico nazionale, “uno dei maggiori sforzi compiuti per determinare la prevalenza di anticorpi al Covid-19”, scrive il New York Times. “Questa è la missione più importante: prepararsi alla prossima ondata” ha detto Moshe Bar-Siman-Tov. L’affollatissima via Dizengoff di Tel Aviv ieri era piena. Fra due settimane Israele valuterà gli effetti della riapertura. Israele ha speso quasi 40 milioni di dollari per 2,4 milioni di test da due fornitori, gli Abbott Laboratories negli Stati Uniti e l’italiana Diasorin. Intanto, ha isolato un anticorpo chiave nel suo principale laboratorio, l’Istituto israeliano per la ricerca biologica (Iibr). Lo ha indicato il ministro della Difesa, definendolo “un passo importante” verso una possibile terapia per il Covid-19. A metà aprile, Netanyahu era stato irriso quando aveva dichiarato, citando un rapporto del Deep Knowledge Group, che Israele è il paese più sicuro durante questa epidemia. Forse aveva ragione.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.