Milano. Lunedì la società farmaceutica americana Moderna ha annunciato che otto persone testate con un vaccino da inizio marzo hanno sviluppato gli stessi anticorpi di chi ha contratto il coronavirus ed è guarito. Questo significa che ci sono buoni segnali – ma non la prova definitiva, il test è in corso – che il vaccino possa creare un’immunità. La notizia è stata accolta con un enorme sollievo da Wall Street, Moderna ha guadagnato in pochissimo tempo il 40 per cento, e il vertice dell’azienda ha fatto sapere che ora inizierà una fase di test su 600 volontari e a luglio si passerà a oltre un migliaio di test. Se tutto dovesse andare bene, il vaccino sarà sviluppato entro l’anno (al massimo all’inizio del prossimo): e per la distribuzione? Facciamo il possibile, dice Moderna, che ha già fatto una scelta importante in questo senso: sono stati testati tre diversi tipi di dosaggi, basso medio e alto. I test stanno andando bene sui primi due – per bene s’intende che sono stati registrati rossori e prurito nel punto di somministrazione e in alcuni casi la febbre – e quindi Moderna ha escluso il terzo dosaggio, quello alto: meglio usarne meno su più persone, visto che l’efficacia di un vaccino si misura sul medicinale, certamente, ma anche sulla capillarità di distribuzione. Ancor più se si è in mezzo a una pandemia globale. Moderna ha anche specificato: stiamo andando molto veloci. Qualche giorno fa, il presidente Donald Trump ha aumentato la pressione sulle società farmaceutiche con un nuovo comitato d’azione – l’Operation Warp Speed. Il capo di questa task force è Moncef Slaoui, che prima della nomina era nel board di Moderna.
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