Pedro Sánchez (foto LaPresse)

La fase 2 spagnola con lo spettro della patrimoniale

Marco Bolognini*

Il lockdown ha duramente colpito l'economia del paese, il premier Sánchez ha scelto una ripartenza a macchia di leopardo che ha scatenato polemiche. Ma a preoccupare gli spagnoli è anche lo spauracchio di nuove tasse

Al direttore,

la Spagna in queste ore, così come l’Italia, sta provando a rimboccarsi le maniche e a ripartire. Il lockdown nel Paese che mi ha adottato dal punto di vista lavorativo finora ha già fatto sentire i suoi effetti sull'economia. I numeri sono crudeli. Nel primo trimestre del 2020 il tasso di disoccupazione è salito al 14,4% dal 13,8 del trimestre precedente. Alla fine di marzo il numero dei disoccupati è salito di 121mila persone, toccando quota 3,31 milioni. Ma potrebbe non essere finita qui visto che il dato non comprende 3,9 milioni di lavoratori lasciati a casa temporaneamente, ma che potrebbero non trovare più il loro impiego alla fine dell'emergenza.

 

Le polemiche in vista della ripartenza non sono mancate perché molte forze politiche avevano chiesto di selezionare le zone che sarebbero potute passare alla fase successiva, qui detta Fase 1, secondo un criterio ancora più capillare, non su base provinciale ma addirittura comunale. 

 

Probabilmente il premier Sánchez ha voluto “liberare” le diverse zone secondo una suddivisione provinciale e non regionale per evitare problematiche legate a questioni politico-territoriali da sempre molto sentite nel Paese iberico (basti pensare alle battaglie per l’indipendenza della Catalunya). Il segretario del Psoe ha deciso di non effettuare una scelta che interessasse direttamente tutti i territori ma piuttosto ha optato per “spezzettare” il Paese tra aree più e meno colpite dal virus. Ma allora perché un trattamento privilegiato è stato riservato ai territori baschi dove, nonostante non si sia registrata una forte diminuzione dei contagi, è stato permesso di riaprire a tutte le province della regione?

 

È senza dubbio una mossa di Realpolitik: il voto dei Baschi è infatti fondamentale per la sopravvivenza del governo, che ha anche iniziato un dialogo di più ampio respiro con Ciudadanos. I 10 deputati del partito centrista spagnolo hanno infatti, a sorpresa, appoggiato Sánchez nelle sue nuove richieste di proroga dello stato di allarme in cui si trova adesso la Spagna e che per costituzione concede all’esecutivo poteri peculiari e straordinari. Dieci voti che vanno a rimpiazzare quelli dei catalanisti, ora diventati dunque irrilevanti. Da qui la scelta di trattare i catalani diversamente dai baschi, oltre ovviamente ai motivi sanitari. 

 

Queste riaperture a macchia di leopardo hanno però generato una duplice reazione all’interno del Paese. Le province entrate in Fase 1 stanno vivendo una prima progressiva ripresa mentre le aree ancora in Fase 0, come Madrid e Barcellona, ancora lontane da una - seppur embrionale - uscita dal lockdown, stanno vivendo una situazione economica di stallo. 

Dove si sono riavviate le attività commerciali sono già evidenti i primi segnali di un moderato ottimismo, nonostante perduri una notevole preoccupazione per la durata ancora incerta di questa chiusura forzata dovuta all’emergenza in corso. Inizialmente si auspicava che la Spagna potesse garantire un’apertura generalizzata già nei primi giorni di giugno, ma i dati sanitari raccolti in queste settimane fanno pensare a uno spostamento inevitabile dell’avvio della nuova fase. A preoccupare gli spagnoli è anche lo spauracchio di nuove tasse. Le intenzioni di Podemos, partito di sinistra post comunista che puntella con i propri voti il governo socialista, sono chiare: introdurre una rinnovata imposta sul patrimonio, che a oggi è stata abolita in alcune comunità autonome del Paese, come quella della capitale. Tutto questo fa paura alla borghesia e al settore imprenditoriale. Le forze di governo sembrerebbero però opporsi a un’idea di questo tipo. Bisognerebbe poi vedere cosa avverrà con gli scaglioni previsti per le imposte sul reddito di persone fisiche e giuridiche. Si fronteggiano due scuole di pensiero: chi vorrebbe diminuire il peso fiscale e chi invece vorrebbe aumentarlo. Non è più quindi una guerra tra governo e opposizione, ma una lotta intestina in seno allo stesso esecutivo. L’unica cosa sicura è che a oggi subiamo ancora gli effetti della legge finanziaria approvata dal Partido Popular di Mariano Rajoy nell’ultimo anno del suo governo.

 

Marco Bolognini, avvocato d’affari italiano in Spagna, tra i fondatori dello studio internazionale Maio Legal.

Di più su questi argomenti: