Nel 1815 i sovranisti non c’erano ancora. In compenso, c’erano i sovrani – e non i compostissimi monarchi nordeuropei di oggi, ma gli aggressivi restauratori di un “ordine” che era stato sconvolto dallo sferragliare delle ghigliottine in Francia e poi da un parvenu che era arrivato a Parigi dalla Corsica per diventare il sovrano più sovrano di tutti. Ma, sovranisti o sovrani, il risultato cambia poco. Oggi i sovranisti ostentano la loro fratellanza di smantellatori dell’ordine vigente ballando insieme – come monsieur Salvini e madame Le Pen, intrecciati nelle danze a margine del congresso di Lione del Front National nel 2014 – ma poi, al dunque, i loro interessi si rivelano, com’è inevitabile, del tutto divergenti. E, benché un paragone tra il Congresso di Lione del Front National e il Congresso di Vienna sia grottesco, ieri succedeva più o meno lo stesso: i sovrani ostentavano la loro fratellanza di restauratori dell’ordine prerivoluzionario ballando insieme, ma poi, al dunque, i loro interessi si rivelavano, com’era inevitabile, del tutto divergenti. Quindi, se il 14 gennaio 1815, al ricevimento presso la residenza viennese del barone Hans Cristoph von Gagern, emissario del re d’Olanda, presenzia addirittura il re di Prussia, nei mesi successivi l’armonia svapora presto quando, ridisegnando i confini, si viene a parlare del “Moresnet”, un triangolo di terra di 3,4 km quadrati abitato solo da qualche centinaio di persone ma provvisto di una rara miniera di calamina, un minerale da cui si ricava polvere di zinco. Su quella questione minore, ai tavoli negoziali del Congresso di Vienna, gli incaricati di Guglielmo I, appena tornato dall’esilio e quindi animato da un robusto appetito, si irrigidiscono in un perentorio “prima gli olandesi”. E gli uomini di Federico Guglielmo III, che non vuole concorrenza per un’altra miniera di calamina che si trova nel territorio del suo regno, rimangono fermi sul “prima i prussiani”.
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