Donald Trump vuole un ritorno alla normalità assoluto, rapido e visibile, non gli bastano gli annunci, non gli basta indossare incapricciato la mascherina in pubblico controvoglia, come una museruola, non gli bastano nemmeno le tante immagini che circolano sulle celebrazioni del Memorial Day, una normale giornata di vacanza. Perché la normalità sia vera e percepibile bisogna mettere fine alla paura di ritrovarsi, che per Trump, sospettoso e perennemente incredulo, è anche paura di guardarsi negli occhi. Così il presidente chiama: chiama al G7 i leader mondiali, chiama alla convention repubblicana i suoi sostenitori. Le guerre politiche iniziano spesso così: con una risposta o una mancata risposta, e Trump adora vedere l’effetto che fa ogni sua provocazione. Così qualche giorno fa il presidente americano ha detto (tuittando) che non ci sarebbe modo migliore di celebrare il ritorno alla normalità – la totale normalizzazione, come la chiama lui, “Transitioning back to Greatness” – con un G7 dal vivo, “nella leggendaria tenuta di Camp David”. Trump è disposto a spostare la data – al momento è dal 10 al 12 giugno – un po’ più avanti, magari a fine giugno, e le cancellerie internazionali sono già agitate. La partecipazione al G7 non significa solo mettere su un aereo il leader del paese membro e spedirlo a Camp David con la mascherina, c’è una delegazione da organizzare, un universo nazionale da trasportare: per gli addetti ai lavori la proposta di Trump è un’altra delle sue fantasie. Ma secondo fonti inglesi e francesi il premier Boris Johnson e il presidente Emmanuel Macron stanno prendendo in considerazione l’invito. Cosa fai: dici di no al presidente dell’America?
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