Milano. Immaginate come sarebbe stata la pandemia con un leader alla Casa Bianca, scriveva ieri David Brooks sul New York Times, un leader “vero”, in grado di comprendere la gravità della crisi, di mostrare vicinanza e comprensione, di dare indicazioni chiare, di “riarticolare lo scopo dell’America”, perché a unire gli americani “è un futuro comune, non tanti passati comuni”. Invece c’è Donald Trump e stiamo vivendo la prima crisi globale del Dopoguerra senza l’America come guida, e anzi quest’America è perfettamente capovolta, la superpotenza che aggrega sulla base di valori condivisi è diventata una superpotenza che vive di scontri e destabilizzazione. Il presidente americano genera confusione (la clorochina, le iniezioni di disinfettanti), si ritira unilateralmente dall’Organizzazione mondiale della sanità, elimina l’eccezionalità di Hong Kong, esporta competizione brutale sul vaccino, mette in giro teorie del complotto e come primo istinto ha “shooting”, sparare. Sparare una battuta, un tweet, un’accusa, una denuncia, un ritiro militare, un attacco militare. Sparare per disperdere una manifestazione. Trump, nel dubbio, spara. E che goduria è questo presidente pistolero per le altre potenze mondiali.
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