Che disastro, Georgia

Lunghe file, macchine inceppate, sospetti di “voter supression” e una fan di QAnon vittoriosa. Benvenuti nel voto 2020

Daniele Raineri

Roma. Le primarie in Georgia sono andate male, perché in molti seggi le macchine elettroniche per votare non hanno funzionato, oppure non sono arrivate, oppure lo staff che doveva farle funzionare non è riuscito nemmeno a eseguire il login. Il risultato è che molti elettori sono stati in fila fuori dai seggi fino a sette ore – e si parla di voter suppression, quindi della strategia elettorale per non far votare le persone in alcune aree e controllare il risultato finale. Il sistema elettorale americano ha questa peculiarità del voto di martedì, è un giorno normale con tutte le cose che si devono fare nei giorni normali: dall’andare al lavoro all’andare a prendere i bambini a scuola. Se chiedono agli elettori di aspettare in fila per ore, è possibile che molti di loro siano costretti a rinunciare al diritto di votare. Questa è la premessa, adesso arriva il problema politico. Le aree in cui si sono verificati più malfunzionamenti sono quelle di DeKalb e Fulton, dove risiedono molti elettori neri. La composizione delle contee è una materia studiata a fondo dai partiti americani, che appena possono ridisegnano la mappa delle zone di voto in modo da manipolare la maggioranza. Se cambi i confini in modo da tagliare fuori una zona dove ci sono molti elettori che tradizionalmente ti sono ostili e per includerne altre dove hai un seguito robusto stai in qualche modo assicurandoti un vantaggio alle elezioni, e questa è una pratica legale. Ma se in qualche modo riesci a ostacolare il voto degli elettori avversari, stai facendo voter suppression ed è un’accusa grave. Brian Kemp, il governatore repubblicano della Georgia, è stato accusato due anni fa di essere riuscito a prevalere contro la democratica Stacey Abrams grazie a questo tipo di manipolazioni del voto. A questo fallimento generale si aggiunge il fatto che la Georgia ha pagato 120 milioni di dollari per acquistare nuove macchine per votare. 

 

Sono macchine elettroniche che ricevono l’indicazione di voto su un touch screen e poi stampano l’indicazione ricevuta dall’elettore su carta, ma alla prova reale hanno scoraggiato gli elettori invece di aiutarli – è difficile capire perché non usino matita e scheda elettorale. In molti avevano intuito in anticipo che sarebbe stato il caos e hanno votato via posta – il numero dei voti arrivati per posta è passato da 40 mila a quasi un milione – anche perché il segretario di stato della Georgia aveva spedito a tutti il modulo per richiedere la scheda via posta. Ma il segretario ha detto che non lo farà di nuovo a novembre e qui il problema si complica ancora. Se le elezioni di martedì sono state un test in vista di quello che succederà alle presidenziali di novembre, fra meno di cinque mesi, quando di solito l’affluenza raddoppia, allora i problemi nei seggi di Atlanta potrebbero diventare una notizia mondiale perché la Georgia è considerata uno degli stati decisivi per decidere chi sarà il prossimo presidente. Bill Kristol, commentatore conservatore molto antitrumpiano, dice che questo caos per il presidente Donald Trump potrebbe essere una win win situation, una situazione dalla quale ottenere soltanto vantaggi, soprattutto se si estendesse anche ad altri stati: gli elettori che sono contro di lui avranno difficoltà a votare e se le cose andassero molto male Trump potrebbe sostenere che le elezioni non sono valide. 

 

 

Alle primarie repubblicane per il seggio alla Camera dei rappresentanti s’è piazzata molto bene Marjorie Greene, una candidata che appartiene a QAnon (crasi di Q e Anonymous) il culto-teoria del complotto nato con la presidenza di Trump. Quelli di QAnon credono che il procuratore speciale Robert Mueller (quello del Russiagate) e il presidente siano d’accordo, grazie a un piano molto elaborato, per fingere di essere nemici mentre in realtà preparano l’arresto di massa di una cricca di satanisti pedofili che a Washington ha occupato i posti di potere (e questi sarebbero i democratici). Tutto questo è rivelato da messaggi online di una persona che si fa chiamare Q. La Greene ha raccolto molti fondi e ha fatto campagna con un paio di spot in cui imbracciava armi. “Gli antifa hanno dichiarato guerra all’America – è il testo di uno dei suoi spot – fanno rivolte, saccheggiano e bruciano le nostre città. George Soros, le élite di Soros e lo staff di Joe Biden li finanziano”. Altri sei candidati cultori di QAnon hanno già un posto assicurato alle elezioni di novembre.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)