Le 5.500 statue di Lenin buttate giù
In Ucraina ne rimane solo una. Un libro racconta l’estetica di quella rabbia
Roma. In Ucraina c’erano cinquemilacinquecento statue di Lenin, ne rimane soltanto una che si trova a Chernobyl, e quindi per molti è come se non esistesse. Agli ucraini piace che quella statua si trovi ancora lì, nel mezzo di un posto indimenticabile e spettrale, da cui per molti ha avuto inizio il crollo dell’Unione sovietica. Le tante statue di Lenin erano state erette nel corso degli anni e sono state buttate giù in tre ondate: durante l’indipendenza nel 1991; durante la Rivoluzione arancione nel 2004; e durante le proteste di Euromaidan, dal 2013 al 2015. Una statua alla volta, alcune sono state abbattute, alcune tirate giù con rabbia, prese a martellate, gettate nei fiumi, altre sono state rimosse, in attesa di una nuova collocazione, magari di un museo da dedicare agli anni del comunismo, come il Memento Park di Budapest. La pratica di tirare giù Lenin dal suo piedistallo è talmente importante per gli ucraini che ha anche un nome: si chiama Leninopad, la caduta di Lenin, ed è stato il più grande movimento europeo di un popolo contro le sue statue prima delle proteste che vediamo oggi in Gran Bretagna, in Belgio e anche negli Stati Uniti.
(Credit: © Niels Ackermann / Lundi13 / Fuel Publishing)
Il primo a cadere, nel 2013, fu un monumento molto importante: era nella piazza Bessarabska di Kiev, una statua fatta di pietra rossa, alta quasi quattro metri su un piedistallo nero. Era dicembre, le proteste contro il governo filorusso di Viktor Yanukovich erano iniziate da poche settimane e, quando Lenin cadde a terra e si ruppe, le persone in piazza iniziarono a cantare l’inno nazionale ucraino. Il Lenin rosso di Bessarabska è stato il primo, poi il Leninopad si è esteso e si è trasformato in un movimento sistematico, fatto però di mille sfumature ed emozioni diverse che il giornalista francese Sébastien Gobert e il fotografo svizzero Niels Ackermann hanno raccontato in un libro dal titolo Looking for Lenin. “La cosa che più ci interessava era osservare la reazione delle persone – racconta al Foglio Gobert – è accaduto tutto in fretta, alcuni abbattimenti sono stati brutali, altri erano ordinati e avvenivano in presenza delle istituzioni. Qualcuno voleva buttare giù quelle statue come avvertimento a Yanukovich, qualcuno era arrabbiato con la storia e l’Unione sovietica”.
“Qualcuno lo faceva come gesto contro Putin, per altri era un modo per ridisegnare lo spazio europeo della nazione”. Non tutti erano a favore di questo grande processo, “le voci erano contrastanti e le reazioni anche, per tanti era vandalismo, per altri un insulto alla storia, c’è chi sente ancora una connessione con il passato comunista”. Per qualcuno invece era come vedere distrutta una parte della propria vita, un elemento del panorama che era sempre stato lì e rimaneva collegato ad alcuni momenti felici del passato, “un uomo ci ha raccontato di aver dato il primo bacio alla sua futura moglie sotto una statua di Lenin e per lui, che pure non amava il comunismo, vedere quella statua buttata giù è stato come veder crollare un ricordo”. Ma soprattutto c’era chi diceva che non era questo il modo giusto per liberarsi del passato sovietico. Quei monumenti sono stati abbattuti, uno alla volta, fino a quando l’Ucraina non è diventata un posto senza Lenin.
(Credit: © Niels Ackermann / Lundi13 / Fuel Publishing)
“Quando abbiamo visto quello che stava succedendo negli Stati Uniti e in Europa abbiamo subito notato la somiglianza con gli eventi in Ucraina. Abbiamo riconosciuto l’estetica della caduta, la rabbia e la violenza contro questi oggetti immobili, questa storia inanimata. Anche il sostegno e la disapprovazione ci sono sembrati simili e anche le domande che ne seguiranno lo saranno”. In Ucraina, le città liberate dalla presenza di Lenin hanno dovuto reinventarsi, dare un nuovo valore ai loro spazi, Scegliere nuovi eroi da mettere sui piedistalli. Qualcuno ha sostituito il padre della Rivoluzione d’ottobre con una croce o con delle immagini sacre, altri con eroi nazionali o con monumenti ai cosacchi. A Odessa un Lenin è stato lasciato al suo posto ma decapitato, un altro è stato sostituito con Darth Vader.
(Credit: © Niels Ackermann / Lundi13 / Fuel Publishing)
Nella piazza di Bessarabska, dove il Leninopad è iniziato, gli abitanti hanno deciso di lasciare il piedistallo vuoto con la scritta Lenin, uno spazio tutto da reinterpretare. Sopra vengono proiettate immagini o messe statue occasionali. Ma gli abitanti di Kiev lo vogliono vuoto, non vogliono nuovi idoli o nuovi eroi da tirare su. Un giorno vicino al piedistallo è stata messa una scala per permettere ai cittadini di salire al posto di Lenin e vedere la capitale così come l’ha vista lui per sessantasette anni.