Dalla piazza al voto
Le proteste modificheranno le elezioni? Una risposta dal Kentucky e i soldi spesi per la mobilitazione
Milano. “Sono qui davanti a voi come un fratello, un cugino, un vicino di casa, un good troublemaker”, ha detto Charles Booker ai manifestanti radunati davanti al palazzo del comune di Louisville, in Kentucky. Sui cartelli c’era il nome di Breonna Taylor, ventiseienne di colore uccisa dalla polizia durante un controllo nella sua casa, a marzo: Booker la conosceva, ha dei parenti uccisi dalla polizia, chiede giustizia per tutti, chiede parità di trattamento per le minoranze, si presenta alle proteste e dice: sono uno di voi, facciamoci sentire. Booker è candidato alle primarie democratiche per il seggio al Senato che ci saranno martedì: fino a qualche settimana fa compariva appena nei sondaggi, oggi ha ricevuto endorsement importanti, ha raccolto due milioni di dollari in quindici giorni e la sua ascesa è coincisa con le proteste Black Lives Matter.
Questa corsa in Kentucky è rappresentativa per una serie di motivi: Booker, parlamentare nero di 35 anni, ha l’appoggio dei “radicali”, di Bernie Sanders e di Alexandria Ocasio-Cortez (oltre che di molti giornali locali), e sfida alle primarie una moderata, Amy McGrath, 45 anni, ex pilota militare sostenuta dall’establishment del partito. Fin qui, siamo di fronte allo scontro noto tra radicali e moderati, ma a novembre l’avversario sarà Mitch McConnell, leader dei repubblicani al Senato nonché uno che ha permesso al trumpismo di prosperare: McConnell si candida per la settima volta, in uno stato che Trump ha vinto nel 2016 con uno scarto di 30 punti percentuali. La McGrath, che ha raccolto molti più soldi di McConnell, è sembrata la prima in grado di spodestare McConnell, che è una cosa cui i democratici ambiscono da tempo.
La speranza è coltivata dal fatto che in questo stato ultraconservatore a novembre il governatore repubblican-trumpiano Matt Bevin è stato battuto dal democratico Andrew Graham Beshear. L’arrivo di Booker sulla scena però rischia di essere un favore a McConnell: la McGrath da qualche settimana fa meno paura. La rivalità interna del Partito democratico è meno forte a livello nazionale, ma a livello locale c’è ancora molto e ci sono altri elementi emersi negli ultimi mesi: Booker non rappresenta soltanto l’ala più radicale del partito ma è anche “il prodotto delle proteste”, cioè un politico che vuole e forse può trasformare la mobilitazione contro il razzismo in mobilitazione per il voto. E’ giovane e nero, l’interprete migliore delle proteste. Molti si stanno chiedendo come queste manifestazioni possono cambiare le elezioni di novembre e un primo assaggio si avrà in Kentucky la settimana prossima (anche a New York, dove si vota lo stesso giorno, il 23 giugno, ci sono contese rilevanti per vedere se si rafforza il cosiddetto “effetto Ocasio-Cortez” e se si affermano le candidature consolidate dalle proteste): finora le piazze sono state dei più giovani e le urne dei più anziani e lo stesso Bernie Sanders ha perso le primarie contro Joe Biden perché non è riuscito a mobilitare i giovani come aveva fatto nel 2016. Questo voto giovanile non è andato a Biden, semplicemente non c’è stato, e fino a poco tempo fa i sondaggisti dicevano che in realtà questo fattore non fosse un problema: i giovani non votano proprio, facciamocene una ragione.
Le proteste però stanno cambiando tutto – anche su questo i sondaggisti sono d’accordo – e quindi la domanda è tornata rilevante: cosa cambia per le elezioni? Il magazine Time ha cercato di dare una prima risposta raccogliendo un po’ di dati: l’associazione Rock the Vote ha avuto nelle prime due settimane di giugno 150 mila nuovi iscritti, un record per questo ciclo elettorale. Alle primarie in Georgia, che sono state tecnicamente un disastro, sono stati dati più di un milione di voti, più di quel che accadde nel 2008 alle primarie tra Barack Obama e Hillary Clinton. Il Collective Pac sta raccogliendo i dati delle persone che protestano per poi mandare informazioni su come registrarsi al voto – Mike Bloomberg ha donato a questo Pac due milioni di dollari per il progetto che vuole far registrare 250 mila persone negli stati in bilico.
Le attese dei democratici sono alte: questo scossone post pandemico e le proteste possono far diventare realtà il sogno/monito obamiano “non fate soltanto buuu, andate a votare”.