La decrescita ecologica di Francia
150 cittadini riuniti alla Convention pour le clima, 150 proposte, alcune molto radicali. Ora tocca a Macron gestirle
Parigi. A Macron, si sa, piacciono molto i débats, soprattutto quando sono grandi e mettono assieme cittadini e personalità di spicco della società civile francese. L’ultimo, prima dell’esplosione della crisi del coronavirus, è andato in scena il 10 gennaio 2020, al Palais d’Iéna, sede del Conseil économique, social et environnemental (Cese), e ha riunito il presidente francese, la ministra dell’Ambiente Elisabeth Borne, e i 150 cittadini estratti a sorte della Convention citoyenne pour le climat (Ccc), la convenzione istituita dall’Eliseo nella primavera del 2019 per avanzare proposte concrete sulla politica ecologica nazionale e la lotta ai cambiamenti climatici. “I cittadini non vengono inclusi abbastanza nelle decisioni. L’obiettivo della Convention è questo: i cittadini chiedono più democrazia perché vogliono partecipare all’elaborazione delle leggi ed esigono che questo avvenga in maniera più trasparente”, aveva dichiarato Macron a gennaio.
Giovedì sera, i 150 cittadini, operai, dirigenti, studenti, agricoltori, pompieri di ogni età e regione francese, hanno avanzato altrettante proposte per “cambiare in profondità la società”, alla vigilia della sessione conclusiva, la settima, che si terrà durante tutto il weekend. Da oggi, i membri della Ccc si riuniranno in cinque gruppi di lavoro (muoversi, abitare, nutrirsi, produrre e lavorare, consumare), dibatteranno e voteranno ognuna delle 150 proposte: domenica pomeriggio, presenteranno il rapporto finale all’esecutivo. “È veramente entusiasmante vedere dei cittadini di ogni orizzonte impegnarsi e applicarsi così tanto, deliberare e dibattere”, ha dichiarato al Monde Laurence Tubiana, copresidente del comitato di governance della Ccc. “Si sono spinti molto in là nei dettagli in numerose tematiche perché la transizione ecologica tocca tutti gli aspetti della vita e della politica”, ha aggiunto la Tubiana, salutando “il grande lavoro” dei cittadini, durato nove mesi, senza sosta, nemmeno durante il confinamento.
Nei due corposi documenti di 500 pagine, la misura più emblematica, come sottolineato dal Monde, è quella della revisione della Costituzione. I membri della Convention citoyenne pour le climat vorrebbero emendare il preambolo del testo costituzionale per precisare che “la conciliazione dei diritti, delle libertà e dei princìpi non può compromettere la salvaguardia dell’ambiente, patrimonio comune dell’umanità”. Inoltre, vorrebbero aggiungere all’articolo primo che “la Repubblica garantisce la salvaguardia della biodiversità, dell’ambiente e la lotta contro i cambiamenti climatici”.
Per “ridurre le emissioni di Co2 del 40 per cento entro il 2030 in uno spirito di giustizia sociale”, la Ccc, tuttavia, ha avanzato anche delle proposte che definire radicali è dir poco. Tra queste, ridurre il tempo di lavoro da 35 ore settimanali a 28 ma mantenendo lo stesso salario (i francesi, in Europa, sono già quelli che lavorano meno di tutti), vietare le terrazze riscaldate e l’illuminazione notturna dei negozi, limitare la velocità nelle autostrade a 110 km/h, interdire i voli interni se c’è un’alternativa in meno di quattro ore, stoppare la costruzione di nuovi aeroporti nonché l’estensione di quelli esistenti, proibire entro il 2023 le pubblicità dei prodotti “troppo inquinanti” così come la vendita dei veicoli che emettono “troppa Co2” entro il 2025. La Ccc, inoltre, chiede a Macron di non ratificare il Ceta, l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada, nonostante sia un bene per gli agricoltori francesi.
Macron, assieme alla ministra Borne, accoglierà i 150 esponenti della Convention citoyenne pour le climat il prossimo 29 giugno per “apportare una prima risposta” al loro pacchetto di misure. La copresidente della governance della Ccc, Laurence Tubiana, ha chiesto che il governo “risponda in maniera seria” alle proposte indicate dai cittadini, e non con la solita pacca sulla spalla che non sfocia in nulla di concreto. La ministra della Transizione ecologica ha evocato, per alcune misure, la possibilità di un referendum “se i cittadini lo richiedono”. Anche Macron si era impegnato, lo scorso gennaio, a consultare l’intera popolazione su certe misure. La Francia, insomma, potrebbe affrontare prossimamente il primo referendum dai tempi del 2005, quando disse no al trattato sulla Costituzione europea. Ma non sarà facile spiegare che le proposte più estreme dovranno essere cestinate per manifesta irrealizzabilità, o comunque riviste da cima a fondo, alla luce delle alte aspettative dei membri della Ccc e del mondo green francese. “I cittadini del clima vogliono farci entrare in un altro mondo, totalmente anacronistico. Macron li saprà fermare?”, si chiede preoccupato il magazine economico Challenges, dopo aver letto il cocktail di misure all’insegna della “decrescita” e della “sobrietà”. Il capo dello stato francese è di fronte al suo primo esame di democrazia dal basso, il cui esito avrà conseguenze determinanti anche in vista delle presidenziali del 2022.