Gesù Cristo, “simbolo della supremazia bianca”
Altro che Montanelli, ora gli iconoclasti hanno messo nel mirino il figlio di Dio
Roma. Solo qualche anima pia poteva illudersi che la furia iconoclasta oggi così di moda si sarebbe fermata all’imbrattamento della statua di Indro Montanelli nei giardini milanesi e alla decapitazione di monumenti dedicati a qualche generale confederato della Guerra civile americana. Minacciato Jackson e bandito Teddy Roosevelt, ora tocca a Gesù Cristo. La sua colpa è, ça va sans dire, di essere bianco. Shaun King, attivista Black Lives Matter, scrittore, promotore di diritti civili e mille altre cose che gli hanno portato in dote un milione e passa di follower su Twitter, lo pensa davvero e proprio dal suo pulpito social ha lanciato, solenne, il messaggio: “Sì, io penso che le statue dell’europeo bianco che dicono essere Gesù dovrebbero essere abbattute. Sono una forma di supremazia bianca. Lo sono sempre state. Nella Bibbia, quando la famiglia di Gesù volle scappare, dove andò? In EGITTO! (maiuscolo nel testo, ndr). Non in Danimarca. Abbattetele”. Se il concetto non fosse abbastanza chiaro, viene in soccorso il tweet successivo: “Sì. Tutti gli affreschi e le vetrate con Gesù Bianco, e la sua madre europea, e i loro amici bianchi, dovrebbero essere rimosse. Sono una forma di supremazia bianca. Sono state create come strumento di oppressione. Propaganda razzista. Dovrebbero essere tutte eliminate”.
Al di là dell’evidente delirio da tastiera – ci provò qualcuno anche vent’anni fa a Bologna, spedendo lettere al cardinale Giacomo Biffi in cui gli si chiedeva di rimuovere l’affresco di Maometto all’Inferno da secoli visibile in San Petronio (lettere finite nell’archivio personale del cardinale, che – come raccontano le sue biografie – era il cestino posto sotto la scrivania), il problema è serio. Non solo perché le intemerate contro il Gesù bianco di Shaun King sono pure riprese e condivise da parecchi suoi affezionati seguaci, ma soprattutto perché indicano che la battaglia è sfuggita di mano. Non che vi fossero troppi dubbi, ma se l’obiettivo degli iconoclasti che si battevano contro gli schiavisti e relative statue è ora il Giudizio Universale di Michelangelo nella Sistina perché anche lì c’è un Cristone bianco molto occidentale, la questione assume tutt’altra dimensione ed è arduo vedere qualche differenza con i propositi talebani che portarono all’esplosione dei Buddha di Bamiyan. Il che è paradossale: in nome dei diritti civili, dei pugni alzati e delle proteste in ginocchio, si finisce a far proprio il programma di quanti negano ogni tipo di diritto conquistato dal mondo libero. Se fino all’altro ieri nel mirino dell’attivismo erano finiti solo gli odiati schiavisti (presunti o tali), gli stemmi di qualche vecchia e prestigiosa università troppo bianca e il solito Cristoforo Colombo che ha privato il mondo dell’apporto fondamentale delle civiltà maya e azteca, adesso la lotta sale di livello: entra in campo l’elemento religioso, materia delicatissima che va maneggiata sempre con estrema cura. Qualche segnale c’era già stato, con l’attacco a Junípero Serra, l’evangelizzatore della California canonizzato cinque anni fa a Washington dal Papa in persona. San Junípero è colpevole d’aver partecipato allo sterminio dei nativi americani, secondo gli iconoclasti contemporanei, che così hanno sentenziato dalla loro tribuna giacobina. Non si sa quanti manuali abbiano studiato per stabilire tale verità, ma la pena per il santo è grave. Così, diverse sue statue sono state abbattute e trascinate per le strade delle città californiane.
Intanto, in Gran Bretagna è attiva una petizione per “aggiornare” la medaglia dell’Ordine di san Michele e san Giorgio. Secondo i firmatari, san Michele che calpesta Satana ricorda l’uccisione di George Floyd.