editoriali
C'è un giudice a Lussemburgo
Per la Corte Ue le leggi sull’immigrazione di Orbán violano le norme comunitarie
Il regime di democrazia illiberale che Viktor Orbán ha imposto all’Ungheria si scontra con un contropotere inatteso: i giudici di Lussemburgo. L’Avvocato generale della Corte di giustizia dell’Unione europea, che consiglia i giudici supremi europei, ha detto che la legislazione ungherese su immigrazione e asilo introdotta da Orbán vìola le normative comunitarie: Budapest non garantisce un accesso effettivo alla procedura di asilo, trattiene in modo irregolare i rifugiati nelle zone di transito ed espelle in modo illegittimo i migranti irregolari. Il parere dell’Avvocato generale non è vincolante, ma raramente la Corte Ue non segue i suoi consigli.
I giudici di Lussemburgo stanno contestando una dopo l’altra le leggi più controverse con cui Orbán ha rimesso in discussione lo stato di diritto e usato il pugno duro contro i migranti. Il 18 giugno, la Corte europea ha dichiarato illegale la legge anti ong. Un’altra sentenza è attesa sulla cosiddetta legge “Stop Soros”. L’Avvocato generale ha anche consigliato di condannare Orbán per la legge sull’istruzione superiore che ha costretto la Central European University a spostarsi da Budapest. Nel frattempo, la Corte lo ha condannato per detenzione illegale di migranti nel campo di transito di Röszke e per non aver accolto richiedenti asilo da Italia e Grecia con le “relocation”.
Che ci sia un giudice a Lussemburgo a difendere i princìpi dell’Ue è fondamentale. Ma, giocando con il tempo che intercorre dall’introduzione di una legge alla condanna della Corte, Orbán è riuscito a erodere a suo vantaggio le fondamenta dello stato di diritto. La Commissione e gli altri governi hanno chiuso troppo a lungo gli occhi per evitare una resa dei conti. Le condanne seriali da parte dei giudici di Lussemburgo impongono di portare fino in fondo la procedura per violazione dello stato di diritto contro l’Ungheria.