Il vento del “dégagisme” in Francia ieri ha spinto Macron, oggi i Verdi
Eelv domenica ha conquistato città importanti, c’entra l’ecologia ma anche il voto di sanzione contro “governo e baronie locali”
Parigi. Da domenica sera, non si parla d’altro che di “vague verte”, dell’ondata verde che ha sommerso la Francia al secondo turno delle elezioni municipali. Il verde è quello degli ecologisti di Europe Écologie Les Verts (Eelv), il partito che alle europee dello scorso anno aveva creato la sorpresa ottenendo il 13,47 per cento dei suffragi e che domenica ha vissuto il suo Grand Soir, vincendo a Lione, Bordeaux, Strasburgo, Poitiers, Annecy, Tours, Besançon, andando oltre le aspettative. “C’è una ricomposizione del paesaggio politico attorno all’ecologia”, ha detto a Ouest-France Yannick Jadot, il capofila degli eurodeputati Eelv e il più quotato per incarnare un progetto di unione tra gauche e verdi all’orizzonte delle presidenziali 2022. “Ci sarà naturalmente un prima e un dopo amministrative 2020. E’ un momento di svolta politica per il paese. Ci sono le vittorie degli ecologisti e poi come a Nantes, Rennes, Parigi o Montpellier, delle vittorie che sono state possibili per merito di idee vicine a quelle degli ecologisti. Dobbiamo continuare a riunire le persone attorno a questo progetto, a costruire una vera dinamica, non delle coalizioni opportunistiche. E’ un lavoro che devo proseguire dopo le municipali, nella prospettiva delle dipartimentali, delle regionali e delle presidenziali”, ha aggiunto Jadot.
La vittoria delle idee verdi è netta e in alcune città clamorosa, in particolare a Bordeaux, dove il gollista sostenuto dalla République en marche (Lrem) Nicolas Florian era strafavorito, e a Lione, dove Eelv ha conquistato sia il comune sia la metropoli. Ma alcuni osservatori, oltre a sottolineare l’alto tasso di astensionismo che ha avuto un ruolo influente nei risultati finali, evocano un “voto di sanzione” contro la vecchia politica e i potentati locali. Secondo il giornalista politico del Monde Abel Mestre, è un insieme di fattori che ha prodotto i verdetti di domenica sera. Prima di tutto, vi è una forte presa di coscienza, in Francia, della crisi ecologica, come dimostrano i successi delle marce per il clima. In secondo luogo, il risultato di Eelv alle europee era già un chiaro segnale di cambiamento che alcuni avevano sottovalutato. C’è poi la questione della crisi del coronavirus e del conseguente confinamento, che ha rimesso in discussione stili di vita e modi di consumare del paese, rafforzando le posizioni difese dai verdi. Ma a questi tre aspetti, analizza Mestre, si aggiungono anche “un voto di sanzione contro la politica del governo e un’usura delle baronie locali”, come appunto Bordeaux, che fino a domenica sembrava il fortino inespugnabile di Alain Juppé, e Lione, il feudo di Gérard Collomb, ex ministro dell’Interno.
La “vague verte”, insomma, non sarebbe legata soltanto alla strategia vincente di Eelv, ma anche a una forma di “dégagisme” delle baronie della Francia profonda, alla volontà di rinnovare radicalmente l’apparato politico da parte degli elettori. Nel 2017, era stato Macron ad approfittare del vento di “dégagisme” che già soffiava nel paese. Ieri mattina, invece, Lrem si è svegliata frastornata, constatando di non esserne più beneficiaria. “Non siamo riusciti a incarnare una forza di alternanza a livello locale. I francesi hanno continuato a rinnovare il paesaggio politico, ma non siamo più noi a beneficiare di questo ‘dégagisme’”, ha dichiarato sconsolato un membro del comitato esecutivo di Lrem. In risposta all’ondata verde, Macron si è detto ieri favorevole ad “attuare al più presto” 146 delle 149 proposte della Convention citoyenne pour le climat (la convenzione istituita dall’Eliseo e composta da centocinquanta cittadini estratti a sorte per avanzare proposte sulla politica ecologica nazionale e la lotta ai cambiamenti climatici), evocando la possibilità di un referendum nel 2021. Ma non sarà certo un’impresa facile riconquistare la fiducia degli elettori con una sensibilità verde, dopo aver optato per le municipali a favore di “un fronte anti-écolo”, come denunciato dal segretario di Eelv Julien Bayou.