Nuovi focolai di coronavirus nelle scuole e ai matrimoni, due ministri in isolamento, locali di nuovo chiusi e polizia nelle strade
Gerusalemme. La colpa dell’aumento dei casi di Covid-19 in Israele sarebbe la scarsa disciplina del popolo israeliano. A sostenerlo è uno stretto collaboratore del primo ministro Benjamin Netanyahu, Natan Eshel, che lunedì scorso in un comunicato ha indicato come responsabile di questa situazione “un’alta percentuale di popolazione che non si attiene alle istruzioni, non indossa mascherine, partecipa a feste nei locali e sui terrazzi, in spiaggia e in altri luoghi pubblici. Ora ne pagheremo tutti il prezzo economico e personale”, ha detto Eshel, ex capo dello staff di Netanyahu, più volte protagonista di dichiarazioni poco appropriate. Era soltanto il 14 giugno quando il governo aveva concesso l’approvazione per eventi fino a 250 persone, eppure a poche settimane di distanza la situazione è precipitata. Dall’inizio di luglio sono stati registrati oltre mille casi di infezioni al giorno, che hanno costretto alla reintroduzione di alcune restrizioni a partire da lunedì scorso. Sono stati chiusi di nuovo locali notturni, piscine e palestre, mentre i luoghi di culto rimangono aperti con un numero limitato di persone e gli autobus viaggiano al 50 per cento della capacità passeggeri.
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