Roma. Il 26 giugno un’esplosione disastrosa in una base militare dove si fa ricerca sul propellente liquido per missili, vicino alla capitale Teheran – così vicino che il rumore è stato sentito da tutti e che ci sono video fatti con i telefonini. Il 1 luglio un’esplosione dentro il centro di Natanz, dove si fanno le nuove centrifughe che accelerano il programma per arricchire l’uranio. Il 3 luglio un incendio dentro la centrale elettrica di Shiraz. Il 4 luglio un incendio dentro la centrale elettrica nella regione dell’Ahwaz. Il 10 luglio un’altra serie di esplosioni vicino alla capitale, che arrivano dal luogo dove c’è una base missilistica dei Guardiani della rivoluzione. Il 12 luglio un incendio dentro un impianto petrolchimico nel Khuzestan e almeno un’altra esplosione, dentro un edificio di Teheran. Questa sequenza di esplosioni e incidenti avvenuti in poco più di due settimane in Iran fa pensare a operazioni di sabotaggio contro infrastrutture importanti. E’ vero che in Iran ci sono problemi e malfunzionamenti per colpa di impianti obsoleti, ma questa ondata è molto sospetta. In particolare l’esplosione di Natanz del primo luglio, che per stessa ammissione del governo iraniano ha ritardato di molti mesi il programma atomico – ripreso dopo che l’Amministrazione Trump si è ritirata dal patto di sospensione, il JCPOA, stretto con l’Amministrazione Obama nel luglio 2015. Quella notte un giornalista del servizio in persiano della Bbc, Jiyar Gol, ha ricevuto una mail di rivendicazione da parte di un gruppo mai sentito prima, i Ghepardi della patria, che lo informavano di avere compiuto un attacco contro la base di Natanz di dimensioni tali che non potevano essere negate. Il giornalista cercò sulle agenzie e sui social ma non trovò nulla. Soltanto il giorno dopo cominciarono ad arrivare notizie su un’esplosione a Natanz e ci sono voluti altri giorni prima che il regime iraniano ammettesse la gravità del danno. La mail era accompagnata da un video che ha richiesto qualche ora per essere montato, quindi è stato fatto prima dell’attacco. In breve: la Bbc in farsi ha ricevuto una rivendicazione credibile da parte di un gruppo mai sentito prima. Gli hacker al servizio del regime iraniano si fanno chiamare “il Gatto persiano”, quindi il nome del nuovo gruppo – Ghepardi della patria – potrebbe essere una risposta. Le foto arrivate da Natanz mostrano i segni di un’esplosione interna, come i pannelli del tetto scagliati verso l’esterno.
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