Roma. Le proteste a Khabarovsk, nella Russia orientale, vicino al confine cinese e a poche fermate dal capolinea della ferrovia transiberiana, vanno avanti da tre settimane. E ogni sabato sembrano farsi più grandi, tanto che, durante lo scorso fine settimana, i manifestanti erano tra i cinquantamila e i centomila (gli abitanti della città sono seicentomila), secondo gli organizzatori. Per le autorità locali erano soltanto seimila, ma i giornalisti che hanno seguito da vicino le proteste hanno detto che la folla era la più grande di sempre. Un fiume di malcontento che tiene dentro, ogni fine settimana, diverse classi sociali, avvocati e operai, diverse fasce di età, ragazzi e pensionati, che sono molto arrabbiati con il Cremlino perché ha arrestato il governatore della regione che prende il nome della città. Sergei Furgal si era candidato lo scorso anno per le elezioni locali e, inaspettatamente le aveva vinte. Non era il candidato del presidente Vladimir Putin nella regione, era il rappresentante del Partito liberaldemocratico e non soltanto non si aspettava di vincere, ma non aveva neppure l’intenzione di diventare un contestatore del Cremlino. Nei primi giorni di luglio Furgal è stato arrestato, mentre era a bordo della sua auto è stato fermato e ammanettato con l’accusa di omicidio. Le proteste sono nate in modo spontaneo – inizialmente i manifestanti chiedevano che il loro governatore venisse giudicato nella sua regione e non da un tribunale di Mosca – poi sono diventate sempre più organizzate e si sono trasformate in cortei sempre più grandi che gridano slogan contro il Cremlino. Chi non è nel corteo suona il clacson dalle macchine, chi non è per strada grida dalle finestre: “Putin dimettiti!”; “Libertà!”; “Cremlino vergognati!”. Perfino la polizia, di solito attenta a tenere basso il volume delle manifestazioni e abituata a disperdere la folla, ha deciso di non intervenire, nonostante nessuna delle manifestazioni fosse autorizzata. Qualche settimana fa gli agenti passeggiavano tra i partecipanti offrendo mascherine, chiedendo di indossarle per diminuire le possibilità di contagio. I manifestanti, stupiti, prendevano la mascherina e la mettevano sul volto, guardavano la polizia e sorridevano, increduli.
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