Roma. Succede che un giornale smetta di esistere. Per farlo, non bisogna necessariamente chiudere, basta snaturarlo, costringerlo, cambiarlo. E’ quello che è successo quest’anno al quotidiano russo Vedomosti, una delle maggiori testate che si occupano di economia nel paese: da marzo ha cambiato editore. I cambiamenti sono venuti uno dopo l’altro. E’ arrivato un nuovo direttore, Andrei Shmarov, che ha iniziato a stravolgere tutto. Il carattere indipendente del giornale si è perso, sono bastati pochi mesi, e il nuovo direttore ha iniziato prima a impedire gli editoriali che criticavano la gestione di Rosneft, la compagnia petrolifera a maggioranza statale, da parte del suo amministratore Igor Sechin, poi la pubblicazione dei sondaggi che davano il presidente Vladimir Putin in calo, per giunta leggerissimo, ordinando ai giornalisti di non usare più i dati pubblicati dal centro Levada, uno degli istituti di sondaggi più affidabili del paese. Da marzo a luglio sono cambiate molte cose, c’è stata anche la pandemia che ha messo la nazione in grandi difficoltà, economiche e sanitarie, c’è stato l’improvviso calo dei prezzi del petrolio che ha indebolito ancora di più il paese, c’è stata una votazione nazionale sulla nuova Costituzione. E in tutti questi avvenimenti, se il quotidiano Vedomosti avesse potuto commentare come era abituato a fare prima di marzo, avrebbe criticato la gestione dei prezzi del greggio, le misure sanitarie, gli aiuti finanziari, la gestione delle risorse e gli emendamenti della nuova Costituzione. Se tutto questo non è successo è perché il quotidiano economico russo stava smettendo di esistere.
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