Milano. Per capire se i “feds” sono in zona, basta aprire Tinder e scorrere con il pollice i profili degli utenti. Verso le nove di sera, i feed delle ragazze del centro di Portland si popolano di foto di uomini con i capelli rasati e muscoli in vista, e loro, anche se a volte sono tentate di mettere un cuoricino, avvertono gli altri: “Ragazzi, siamo circondati”. Lo racconta al Foglio Brent, scrittore e attivista, che da quasi 70 giorni, da quando George Floyd è stato ucciso dalla polizia di Minneapolis, protesta per le strade della città più popolosa dell’Oregon, con il movimento Black Lives Matter davanti al Mark O. Hatfield Courthouse, il tribunale, e l’Edith Green Wendell Wyatt Federal Building, il palazzo del governo federale. “Non scrivete il mio cognome”, chiede, “i feds sono pericolosi, conosco persone che sono state fermate in mezzo alla strada da agenti in borghese, costrette con la forza a entrare in furgoni anonimi, bendati e interrogati per ore nei palazzi del governo, solo perché avevano scritto sui social la loro opinione”, dice lui che ha paura di fare la stessa fine. E aggiunge: “In questo momento, gli Stati Uniti sono un posto pericoloso, Portland è l’epicentro”.
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