“Non traditemi”. Un Aljaksandr Lukashenka stanco, rauco e pallido al punto da far sospettare di non aver superato il suo coronavirus da asintomatico, si lancia in una minacciosa dichiarazione d’amore al suo popolo, “cresciuto con le mie mani, al mio seno”, promettendogli che non consegnerà mai il suo paese in mani altrui, “non si abbandona l’amata”. Davanti a un Parlamento rigorosamente senza mascherine, il presidente bielorusso martedì ha mescolato minacce a Mosca che invia in Bielorussia i suoi mercenari del gruppo Wagner – “si sta preparando un massacro a Minsk” – e insulti alle “povere ragazze” dell’opposizione guidata da Svjatlana Tikhanovskaja, ammonimenti ai giovani e promesse ai vecchi, a metà tra allusioni mafiose e delirio paranoico, dal quale si capisce che “l’ultimo dittatore d’Europa” non ha nessuna intenzione di perdere le sue seste elezioni consecutive dal 1994, e nonostante il suo 3 per cento nei sondaggi non ufficiali non ha e non vuole avere una exit strategy.
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