Roma. L’arresto di Jimmy Lai, milionario imprenditore di Hong Kong, una delle voci più importanti e critiche nei confronti del governo di Pechino, è avvenuto oggi quando nell’ex colonia inglese erano le sette del mattino. La polizia l’ha prelevato da casa sua, gli ha messo le manette, e lo ha portato via. Poche ore dopo è riapparso nella redazione di uno dei giornali di cui è editore, l’Apple Daily, quotidiano fondato nel 1995, tra i più letti a Hong Kong proprio per le posizioni pro-democrazia. Sempre in manette, Lai ha assistito alla perquisizione degli uffici da parte di più di cento agenti delle Forze dell’ordine – non è ancora chiaro se fossero agenti della sicurezza, quindi inviati direttamente da Pechino, oppure locali. I giornalisti hanno messo online in tempo reale le immagini della perquisizione e di Jimmy Lai ammanettato: è un dettaglio non da poco conto, perché fa sospettare che la fanfara attorno all’arresto sia stata voluta da Pechino per mandare un messaggio agli altri giornalisti, direttori, editori. Il messaggio è: non ci fermiamo davanti a niente. Il settantaduenne Lai, che è anche uno dei più importanti finanziatori delle campagne pro-democrazia a Hong Kong, già a metà giugno, poco prima che entrasse in vigore nell’ex colonia inglese la nuova legge sulla sicurezza nazionale, aveva detto all’Afp di essere pronto per la prigione. Oltre a lui, la polizia ha arrestato due dei suoi figli, il presidente della sua azienda, la Next Digital, Cheung Kim-hung, e il direttore finanziario Chow Tat-kuen. Tutti arrestati con l’accusa di essere un pericolo “per la sicurezza nazionale” e di aver tramato con “forze straniere” per l’indipendenza di Hong Kong, quindi applicando pedissequamente la nuova legge sulla sicurezza promulgata il primo luglio scorso. E’ un colpo durissimo a uno dei media più influenti sulla questione dell’autonomia di Hong Kong. Non solo: poche ore dopo le autorità hanno arrestato anche il giornalista freelance Wilson Li, che collaborava con la Independent Television News inglese e che aveva legami anche con l’organizzazione non governativa Fight for Freedom, Stand With Hong Kong.
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