Roma. “Non mi riconosco in questi tempi, questa richiesta di trasparenza, questi nuovi giudici che sono diventati vigilantes, questi giornalisti che si credono poliziotti…”. L’‘Acquittator’ Éric Dupond-Moretti, così chiamato per le assoluzioni che vanta in aula da avvocato (acquitter, assolvere), accende sigarette in serie, ama la corrida e le ragazze seducenti, coltiva l’irriverenza, il “gusto smodato per la libertà” – così attacca il sito Mediapart di Edwy Plenel (“stalinisti”) – e le insidie alla libertà (Balance ton porc, moralismi, igienismi, vittimismi e social, “questi bidoni della spazzatura di persone odiose e frustrate”). Dupond-Moretti dice che bisogna bere almeno un bicchiere di rosso a pasto, difende la galanteria, la presunzione di innocenza, odia gli attivisti e la “Repubblica dei giudici”, questa “cricca che si concede tutto e si autoproclama custode della morale pubblica”. Ne ha per i “nuovi inquisitori” del Monde: “Quando ho visto che i giornalisti avevano i verbali mentre Fillon no l’ho trovato scioccante”. Le femministe lo odiano per tante sue dichiarazioni: “Non voglio il moralismo all’americana, ma che un uomo possa portare una donna in un ascensore”, “la guerra dei sessi, francamente, la trovo superflua”, “da giovane ho fischiato qualche ragazza e una sciocchezza simile costerebbe 90 euro?”. Lo odiano al punto che sul Monde è uscito un appello firmato da un centinaio di intellettuali e femministe, tra le quali l’iraniana Shirin Ebadi (premio Nobel per la Pace) e la bielorussa Svetlana Alexievitch (Nobel per la Letteratura) contro la sua nomina a ministro, “un affronto alle ambizioni di promozione dei diritti delle donne”.
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