Al secondo giorno di convention i nuovi tratti del Partito democratico americano prendono forma
Per ora la vecchia guardia dem, i repubblicani disgustati da Trump e la Ocasio Cortez riescono a rimanere vicini per sostenere Biden. Non durerà per sempre, ma l'importante è arrivare al 3 novembre
Messa in archivio la seconda giornata di convention dem, occorre provare a capire che cosa sta emergendo da questa enorme specie di riunione sparpagliata. Occorre chiedersi quale tipo di visione, di campagna, di progetto (politico per il futuro, di propaganda per l’immediato) sono e saranno quelli del Partito democratico di Joe Biden di qui a novembre. La risposta è che, giunti al secondo giorno di streaming, i tratti del Partito democratico americano dei prossimi mesi e, forse, dei prossimi anni, stanno prendendo a farsi chiari e definiti, complice il fatto che, per una volta, non ci sono palloncini a offuscare la vista e cori da stadio a confondere l’udito.
‘The Times They are a-changin’
“If your time to you, is worth savin', then you better start swimmin', or you'll sink like a stone”. Lo cantava Bob Dylan, un secolo e un mondo fa. È vero ancora oggi, per fortuna e purtroppo: per fortuna, perché finché le cose cambiano, vuol dire che sono vive; purtroppo perché se le cose cambiano, vuol dire che il tempo di tutti, anche il nostro, un giorno, passerà. Così, sul palco virtuale della convention di ieri, si sono alternati, ben distinti, passato e futuro del partito, ventesimo e ventunesimo secolo. Il passato, lontano e sfocato, erano i video di repertorio delle convention degli anni passati (bellissimi gli spezzoni di Mario Cuomo, 1984, e di Barack Obama, 2004), i discorsi di ex presidenti parecchio male in arnese come Jimmy Carter e Bill Clinton (quest’ultimo ha sfidato due galantuomini come George H. Bush e Bob Dole. Cosa vuoi che ne sappia di uno come Donald Trump?). Il presente è l’evidenza del fatto che quel loro mondo non esiste più: il Covid, Trump, i socialnetwork, il tempo, o vattelappesca, lo hanno spazzato via.
Il futuro sono il partito e il mondo che si intravedono arrivare: un posto in cui le convention si tengono via streaming, in cui i keynote speech sono tenuti da 17 politici emergenti, invece che da uno, in cui i capi delegazione sono per lo più donne non bianche, in cui i repubblicani sostengono il candidato democratico con più vigore e convinzione di quanto facciano i democratici di sinistra e in cui parlare di sanità pubblica non è più un tabù, anzi un imperativo, e i diritti civili non sono più una conquista ma una necessaria ovvietà. Ed è uno dei paradossi di quella burlona della Storia che a tenerli insieme e a fare da pontiere tra ieri e domani sia un uomo di 78 anni. Eppure Joe Biden, uomo rimasto sulla panchina della politica per 50 anni, e solo adesso chiamato al ruolo di frontman, ha fatto sue le parole di Bob Dylan, ha visto l’acqua salire e ha capito che bisognava iniziare a nuotare. Poi chi vivrà vedrà.
L’America è grande
Il rito dell’investitura ufficiale del candidato, che in genere si tiene nel casino dei palazzetti, con i delegati di ogni singolo stato che annunciano, urlando, il risultato delle loro primarie, si è svolto in modo inedito e, a sorpresa, incredibilimente suggestivo. Un lungo montaggio (circa mezz’ora) di video girati in ogni singolo stato, nel quale i delegati annunciavano sì, il loro candidato, ma soprattutto, mostravano l’essenza, l’identità della loro terra: c’erano quelli del Michigan che parlavano davanti alle auto di Detroit; quelli dell’Alabama, collegati dal ponte di Selma; quelli dell’Iowa che parlavano da un campo di pannocchie; quelli dell’isola di Guam o delle Hawaii che parlavano da una spiaggia; quelli del Montana che invece lo facevano dinanzi a una mandria di vacche o quelli del Nevada collegati dalla Strip di Las Vegas, quelli del New Mexico in costume tradizionale dal deserto e quelli di New York, con lo sfondo dei grattacieli di Manhattan. Se doveste spiegare gli Stati Uniti a un marziano, usate questo video. C’è tutto ed è bellissimo.
Repubblicani di centro e democratici di sinistra: quanto può durare?
Se, e sottolineo se, Joe Biden riuscirà nell’impresa di farsi votare dai repubblicani di centro, disgustati dalla presidenza di Donald Trump, e dai leftist del suo partito, sarà un miracolo. Un miracolo dovuto, forse, più che alle capacità di unificare di Biden, a quella di terrorizzare e dividere di Trump. Per ora, e probabilmente fino a novembre, questa strana alleanza sta reggendo. Per ora, nel tempo cristallizzato della campagna elettorale, è possibile parlino alla stessa convention l’ex segretario di stato della presidenza destrorsa di George W. Bush e la socialista Alexandria Ocasio Cortez (che, per inciso, nel video di ieri notte aveva la faccia e l’entusiasmo di una che sta andando dal dentista). Per adesso, questa tregua armata sta funzionando, ma non lo farà per sempre. A un certo punto, Joe Biden, dovrà scegliere chi scontentare. E quel giorno, sarà un brutto giorno. Gli consigliamo di farlo dopo il 3 novembre.
Jill Biden
Al suo esordio sulla scena mondiale, l’ex ‘second lady’, rimasta defilata per anni, appare terrorizzata. Esita un secondo di troppo prima di iniziare a parlare, come in attesa di un segnale, come bloccata dalla paura di sbagliare. Poi prende coraggio e, dall’aula del liceo in cui ha insegnato per tutta la vita, sciorina un discorso evidentemente scritto e imparato a memoria. Ce la mette tutta, ma il risultato è così così. Il che, sia chiaro, è un bene. Perché quell’esitazione, quel terrore delle telecamere, quel tremito nella voce, quella paura di sbagliare, sono state quanto di più umano e spontaneo visto in questa convention tutta registrata. Un ritorno alla realtà delle cose di cui si sentiva il bisogno.