Roma. In queste ultime settimane la Germania ha ottenuto dei risultati importanti in politica estera. Ha dimostrato che non è vero che l’Unione europea non conta, che è importante far vedere che Bruxelles, Berlino, Parigi (e ci piacerebbe dire anche Roma, ma la voce di Roma non si è sentita) sono attenti, sorvegliano, vigilano, controllano e pretendono. La cancelliera tedesca Angela Merkel lunedì ha chiesto che la Russia conduca delle indagini accurate e trasparenti sull’avvelenamento di Alexei Navalny, l’attivista russo è stato trasportato all’ospedale Charité di Berlino, e sulla Russia pendono domande importanti. La Merkel tra tutti è la leader che più sa gestire il presidente russo, non serve illudersi, le indagini trasparenti che la cancelliera chiede a Putin probabilmente non arriveranno mai, ma intanto, grazie alla vigilanza di Berlino, una delle figure più in vista dell’opposizione russa è salva e una verità importante da conoscere è venuta fuori: è stato avvelenato. Non si sa quali saranno i danni alla salute dell’attivista, potrebbero anche essere a lungo termine, ma se il Cremlino ha acconsentito a lasciarlo partire, nonostante le resistenze dei medici dell’ospedale di Omsk dove era ricoverato, è stato perché la Germania guardava, sorvegliava. Gli occhi della Germania, che assieme alla Francia è la nazione che si è spesa di più per salvare la vita dell’attivista, non erano pronti a distrarsi, erano puntati sulla Siberia e se Navalny fosse morto per mancanza di cure adeguate questo sarebbe accaduto sotto lo sguardo della comunità internazionale. L’attivista ripete spesso che al Cremlino la sua morte farebbe molto male, figurarsi una morte sotto gli occhi di tutti.
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