Roma. Finisce il miracolo dell’estate americana 2020, quella dove le più gravi tensioni razziali da decenni finora non avevano ancora visto (o quasi) scontri con armi da fuoco – se si escludono le sparatorie della polizia. Ieri a Kenosha nel Wisconsin un ragazzo diciassettenne ha ucciso due persone e ne ha ferito una terza durante una colluttazione. Era arrivato dall’Illinois con un fucile per unirsi a una milizia locale che proteggeva la città dai saccheggi e dagli incendi cominciati tre giorni fa dopo il ferimento da parte della polizia dell’afroamericano Jacob Blake. Aveva la versione civile del fucile da guerra AR-15, che è una delle armi più apprezzate sul mercato ed è stata usata in molte sparatorie di massa. Con quella ha ammazzato una prima persona e questa azione ancora non è chiara, ma in un video lui cammina via e dice al telefono: “Ho appena ucciso qualcuno”. Ha tentato la fuga, è stato raggiunto in un viale da alcuni manifestanti e buttato a terra, ha sparato contro una seconda persona che lo aveva picchiato con uno skateboard e poi contro una terza che si era avvicinata con in mano una pistola Glock. Questa terza persona impugnava la pistola a meno di due metri di distanza, ma ha esitato perché non sapeva cosa fare e lo sparatore da terra gli ha bucato il braccio con una ferita orribile. Poi il diciassettenne si è alzato, ha sparato qualche altro colpo a casaccio per tenere lontana la folla e davanti a telefonini e telecamere è andato verso i blindati della polizia che lampeggiavano a poche centinaia di metri di distanza. Voleva consegnarsi, ha alzato le mani sempre tenendo il fucile, ma i poliziotti non avevano capito cosa era successo.
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