Roma. Ogni volta che Charlie Hebdo pubblicava le vignette su Maometto, il presidente e il primo ministro francesi facevano a gara a stigmatizzare il settimanale, come in un concorso di bellezza morale. Accadde nel 2006, quando Jacques Chirac parlò di “provocazioni” e Dominique de Villepin, primo ministro, di “ferimento delle convinzioni religiose” (Charlie stava andando a processo per “islamofobia”). E’ lo stesso Chirac che nel 1989, quando Salman Rushdie era già uccel di bosco, da sindaco di Parigi aveva detto: “Non ho alcuna stima per Rushdie, usa la blasfemia per fare soldi”. Accadde nel 2012, quando le minacce di morte a Charlie si fecero sempre più drammatiche e il premier Jean-Marc Ayrault chiese al giornale di essere “responsabile”, mentre Laurent Fabius, ministro degli Esteri, lo accusò di “gettare benzina sul fuoco”.
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