La vita e la carriera di Ben Crump nel nuovo film di Netflix
Non ha una parcella fissa e se perde non riceve alcun compenso. Ma vince sempre. La vita e la carriera dell'avvocato del "Black Lives Matter" raccontati nel nuovo film del colosso dello streaming
Milano. Se c’è un volto, nelle aule dei tribunali americani, che ha rappresentato più di chiunque altro il Black Lives Matter, questo è quello di Ben Crump. Avvocato di Tallahassee, Florida, Crump è diventato popolare negli ultimi anni come l’avvocato del BLM: non il tipo di avvocato che ha il compito di mandare in galera chi commette un crimine (la polizia, in questo caso) ma quello che ottiene i risarcimenti per le famiglie delle vittime. In un suo profilo sul New Yorker, Tyler Foggett dice: “Se accendi la tv e vedi Benjamin Crump, di solito significa che è successo qualcosa di terribile”. Negli ultimi anni Crump ha rappresentato le famiglie di quasi tutte le vittime della polizia, da Trayvon Martin a Michael Brown, fino a George Floyd e Breonna Taylor. Più recentemente Crump è stato in prima linea nella difesa di Trayford Pellerin, l’afroamericano ucciso con undici colpi di pistola dalla polizia la Lafayette, Louisiana, e in quella di Jacob Blake, paralizzato a Kenosha, nel Wisconsin, da sette colpi di pistola.
Il ruolo di Crump si intreccia a metà tra quello di attivismo sociale e legale – non ha una parcella fissa e se perde non riceve alcun compenso; se vince riceve un terzo della cifra. E Crump vince praticamente sempre. Nel caso di Martin (definito da alcuni “l’OJ Simpson di Crump”, per aver di fatto lanciato la sua carriera) Crump ha ottenuto circa un milione di dollari per la famiglia. Nel 2019 invece il lavoro di Crump garantì alla famiglia di Stephon Clark – un afroamericano di Sacramento colpito dalla polizia nel suo giardino di casa – un risarcimento di due milioni e mezzo di dollari. Il talento forense di Crump poggia sulle stesse caratteristiche dall’intero movimento BLM: una forte cassa di risonanza social (su Twitter Crump ha quasi un milione di follower, non pochi per un avvocato), abilità oratoria e la grande capacità di rendere visibile quello che per tanto tempo è stato invisibile.
Soprattutto la bravura mediatica di Ben Crump è stata allo stesso tempo la ragione principale delle sue vittorie e assolutamente senza precedenti. Quella bravura, frutto anche di una naturale propensione a star davanti alla telecamera, lo ha portato nel 2017 a fondare una casa di produzione, con l’obiettivo di “raccontare le mie battaglie per la giustizia”, come ha raccontato. La stessa casa di produzione, la Brooklyn Media, dal nome di suo figlio, figura tra i credit del documentario “Who Killed Tupac?” – che continua a indagare sull’omicidio del celebre rapper – cui ha anche preso parte. Ora è invece Netflix che produce un documentario sulla sua carriera, ideato da Kenya Barris con la regia di Nadia Hallgren, che per Netflix ha già diretto “Becoming”, dall’autobiografia di Michelle Obama. E questi non sono i suoi unici ruoli: Crump è stato anche comparsa in “Marshall”, il film con Chadwick Boseman su Thurgood Marshall, primo giudice della Corte Suprema afroamericano nonché personale idolo proprio di Crump: “Stiamo creando dei contenuti per la giustizia sociale. Se Marshall fosse vivo, è questo quello che farebbe”, ha detto in un’intervista al Washington Post, parlando delle sue avventure televisive.
La mediaticità di Crump non piace a tutti e tra le diverse fazioni che compongono il BLM c’è chi non si mostra entusiasta davanti alle sue azioni, definendole opportuniste. Tuttavia, come lo stesso Crump ha detto una volta: “Non ci sono tante opportunità per i neri quando vengono uccisi dalla polizia”, e Crump offre quella opportunità. Anzi, la rappresenta. Crump, che ha 50 anni ed è cresciuto nella cittadina di Lumberton, in North Carolina, nel sud-est degli States, ha vissuto immerso nella segregazione razziale, che poi è stata in parte superata e così Crump ha iniziato a frequentare scuole che non sarebbero altrimenti state a lui accessibili. La sua è una storia simile a quella di Kamala Harris, candidata alla vicepresidenza per il Partito democratico,che infatti Crump ha sostenuto quando ancora la Harris partecipava alle primarie. Oggi che le elezioni si avvicinano e la nazione sembra sempre sul punto di esplodere, Ben Crump resta in prima linea nel fare quello che gli riesce meglio e che in America chiamano “get the job done”. In televisione come in tribunale.
Dalle piazze ai palazzi