dall'archivio
Perché e come l'America da quel giorno si è impadronita di noi
Sono passati diciannove anni dall'attentato alle Torri gemelle dell'11 settembre del 2001. Riproponiamo ciò che Giuliano Ferrara scrisse due anni dopo quel giorno
Dall’11 settembre del 2001 l’America si è impadronita di questo giornale, che già le portava un certo affetto. Come sia accaduto e perché i lettori lo sanno per definizione: infatti leggono. Si può soltanto aggiungere qualche glossa esplicativa, visto che il nostro metterci sotto padrone è atto libero e non ci impedisce di pubblicare un ritratto teologico collusivo dell’Ayatollah Khomeini (è accaduto, è accaduto), di obiettare di quando in quando alle regole del modello liberale, di offrire oggi le sofisticate, avventurose e teatrali obiezioni di Lewis L. Lapham, un girotondino-che-da-noi-ce-ne-fossero-di-così-spietati.
La prima glossa è semplice. Quando le cose sono problematiche, si è problematici e sofistici e ironici per quanto umanamente possibile. Quando in nome di Dio si macellano ad alta quota tremila poveri cristiani di diverse confessioni, e cristianizziamo per l’occasione anche i musulmani, i taoisti, gli indù e gli altri credenti bruciati nel tempio del commercio internazionale, allora la gente di testa e di pancia fa una scelta. Per i governi e per i giornali politici le scelte non sono naturalmente una crociata, ma sono scelte. Qualche idea senza eccesso di ideali, magari una bandiera, e il controverso corteggio di scemenze ed equivoci che si portano appresso le cose umane.
Seconda glossa. In Italia abbonda il moralismo, scritto male e pensato peggio, manca invece un saporito cinismo, inteso come un disincanto che non soffochi spregevoli rigurgiti di passione. Ce lo siamo fatto imprestare da loro, dai neoconservative che erano di sinistra e poi sono diventati di destra (si dice così), che volevano liberare la Bosnia dal terrore come poi hanno voluto liberare l’Iraq eccetera. Ce lo siamo fatti imprestare anche dai liberal, che non la pensano tutti allo stesso modo come qui, ma pensano. Paghiamo i diritti, cerchiamo di capire, tiriamo avanti con l’onesta fatica d’obbligo per una vecchia provincia dell’impero americano. Speriamo che la traduzione sia bella e infedele. Vorremmo che l’11 settembre non si ripeta mai più.
articolo tratto dal Foglio di sabato 6 settembre 2003