Roma. Ottantacinque agenti di polizia a protezione di una redazione di giornalisti e vignettisti. E per cosa? “Tout ça pour ça” (tanto rumore per nulla), come dal titolo di Charlie Hebdo in apertura del processo. Per delle vignette. E’ questo, rivela il Parisien, l’imponente apparato di sicurezza oggi a tutela di Charlie. Da quando il settimanale francese ha ripubblicato le vignette su Maometto in occasione dell’apertura del processo all’inizio di settembre, la minaccia terroristica, presente da quindici anni, si è intensificata. Ieri con l’assalto alla vecchia sede di Charlie si è capito quanto. Nei giorni scorsi Marika Bret, a capo delle risorse umane del giornale, aveva annunciato di aver avuto dalla polizia dieci minuti per lasciare la propria casa a seguito delle minacce jihadiste. “Vivono in un bunker”, dice al Parisien uno dei poliziotti a guardia della redazione. Il nuovo indirizzo del giornale è sconosciuto e, come ha rivelato uno dei sopravvissuti alla strage del 7 gennaio 2015 Fabrice Nicolino (era accanto a Bernard Maris, ucciso nell’attacco), oggi la sede di Charlie ha sei porte blindate, un sistema a raggi X e una panic room, in cui devono entrare se sentono rumori sospetti (una di queste stanze ha salvato la vita al vignettista danese Kurt Westergaard). Come tutti i giornali, Charlie non può permettersi di perdere copie. Ma per un motivo diverso dagli altri.
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