Roma. Una “riconquista che richiederà anni”. Non ha offerto equidistanze, Emmanuel Macron, nel suo atteso discorso contro il “separatismo islamista”. Accompagnato da sei ministri, il capo di stato francese è arrivato a Les Mureaux, fuori Parigi, spesso citata come esempio di convivenza. Macron ha lamentato la rivisitazione dell’identità dei figli degli immigrati “attraverso un discorso postcoloniale”. Ha biasimato la “codardia dello stato”, perché la Francia con la propria negligenza ha lasciato fiorire il separatismo. “E’ quello dei nostri quartieri. E’ la ghettizzazione”. Quartieri dove “la promessa della Repubblica non è più stata mantenuta”. Ha detto che l’islam sta vivendo “una crisi profonda”, portando a esempio la Tunisia, dove “trent’anni fa la situazione era radicalmente diversa nell’applicazione della religione”. Li cita, Macron, i nemici della Repubblica: “Wahabismo, salafismo, Fratellanza musulmana…”. E’ la prima volta che un presidente francese addita i Fratelli musulmani con la loro occhiuta opera di proselitismo sociale, indicandoli come una minaccia non meno grave dell’aperta ostilità allo stato portata dai salafiti. Senza fare amalgami, dice Macron, “è chiaro che c’è un islamismo radicale che porta a negare le leggi della Repubblica”. Secondo lui, l’“obiettivo finale” di questa “ideologia” è “assumere il controllo completo” della società e “rifiutare la libertà di parola, la libertà di coscienza, il diritto alla blasfemia”. Quelle libertà che nelle ultime settimane, come nel caso di Charlie Hebdo, Macron ha espressamente difeso. La laicità è la neutralità dello stato, ha continuato il presidente francese, “e in nessun caso significa la cancellazione delle religioni nella società”. Ha parlato degli abusi “scioccanti” nei servizi pubblici: “Controllori che negano alle donne l’accesso agli autobus a causa del loro abbigliamento e funzionari eletti che escludono uomini e donne da determinate fasce orarie per l’accesso alle piscine”. Due giovani ventenni erano state appena aggredite in pieno giorno a Mulhouse perché portavano una gonna troppo corta. Mulhouse, la città dove Macron era andato lo scorso febbraio per annunciare la stretta sul separatismo. Il 9 dicembre verrà presentato al Consiglio dei ministri un disegno di legge per rafforzare i principi repubblicani. Si parla di obbligo di neutralità per i pubblici ufficiali, di rafforzare il controllo delle associazioni che beneficiano di fondi pubblici, di limitare l’istruzione domiciliare usata dai fondamentalisti islamici e di porre fine agli imam formati all’estero, annunciando una “transizione” di quattro anni. La destra repubblicana e lepenista lo accusa di “naïveté”, mentre la sinistra radicale e gli attivisti dei diritti umani di “stigmatizzare i musulmani”.
Macron ha parlato a un anno dalla strage alla prefettura di Parigi da parte di un funzionario informatico, Mickaël Harpon. Le indagini dell’antiterrorismo, di cui il Parisien ha potuto prendere visione, rivelano segni di radicalizzazione ignorati. Harpon aveva “smesso di baciare le donne”, “posticipava la pausa pranzo per pregare in moschea”, infine insulti a Charlie e alla religione cattolica. Nelle ultime settimane, numerosi esperti hanno suonato l’allarme infiltrazione. Il sociologo Bernard Rougier, autore di “Les Territoires conquis de l’islamisme”, ha denunciato che gli “indigenisti” convergono con gli islamisti per “spaccare in due la Repubblica”. Gilles Kepel, invece, parlando al Figaro si è chiesto se non sia già troppo tardi, “se la balcanizzazione non sia inevitabile”. Macron ha capito di dover fare presto, che è tardi.
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